Cosa siamo andati a cercare in Africa noi cubani
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I 385.908 combattenti cubani che hanno combattuto in Africa non lo hanno fatto alla ricerca di gloria personale o di ricchezze. Li muoveva solo il desiderio d’essere utili, fedeli alla Rivoluzione, essere all’altezza del tempi in cui stavano vivendo.
Una calda mattina dell’ottobre del 1983, un gruppo di giovani si concentrò di fronte al Comitato Militare di Piazza della Rivoluzione a L’Avana. Il motivo della presenza di quei ragazzi, la maggioranza ancora imberbe, era andare in Angola come volontari.
Gli aspiranti a combattenti internazionalisti avevano cominciato ad arrivare dalle prime ore della mattina. Scherzi, aneddoti e commenti colorivano l’attesa, mentre si raccontavano episodi d’eroismo e combattimento, la maggioranza frutto dell’immaginazione giovanile e dei desideri che li animavano di emulare con la storia, i loro genitori e i loro nonni.
Nelle prime ore della mattina cominciarono ad arrivare i lavoratori e i funzionari del Comitato Militare che, stupiti commentavano la presenza di tanti ragazzi.
Un ufficiale funzionario del Comitato salutò i presenti e chiese che organizzassero un poco la fila, che si formò lungo il marciapiede.
Gli echi dell’eroica difesa di Cangamba erano stati il detonatore; non si conosceva ancora bene quello che era accaduto, ma si raccontavano storie che superavano la leggenda dei 300 spartani delle Termopili.
CANGAMBA
Dal 2 al 10 agosto del 1983 furono assediate e attaccate le posizioni difese dai combattenti internazionalisti cubani e dalle Forze Popolari di Liberazione dell’Angola (Fapla) nel paese di Cangamba.
In questa località della provincia di Moxico s’incontravano la 32ª Brigata di Fantería Leggera (BIL) delle Fapla e un gruppo di consulenti
Per le Fapla, le forze presenti a Cangamba erano almeno 818 soldati, molti con una scarsa preparazione per il combattimento. 82 combattenti internazionalisti formavano la consulenza cubana.
Una volta iniziati i combattimenti, il 2 agosto del 1983 i capi cubani inviarono un rinforzo e la presenza cubana s’incrementò con 184 soldati.
In totale, i difensori di Cangamba contavano su 18 pezzi d’artiglieria e mortai di piccolo calibro e 36 installazioni GRD-1P con poche munizioni.
Per la parte sudafricana, anche se non c’erano forze di fanteria presenti nel terreno, erano presenti specialisti d’artiglieria, intelligenza puntatori per l’aviazione, ossia più o meno un battaglione. Inoltre c’erano piccole unità. C’erano le piccole unità del Battaglione Bufalo che contava con l’esperienza di azioni congiunte con la Unita, che aveva più di 3.000 uomini.
Morino in combattimento 18 cubani e 27 furono feriti.
Le Fapla contarono 60 morti e 117 feriti. L’85 % dei rifugi furono danneggiati o distrutti. Si contarono 401 resti di granate di mortaio disperse nella posizione difesa, alle quali si sommarono 1300 frammenti di proiettili anti carro e di missili
GRAD-1P. Si è calcolato che per lo meno 1.500 proiettili d’artiglieria erano esplosi nelle posizioni difese dai cubani.
UN POCO DI STORIA
Gli aspiranti internazionalisti nell’attesa parlavano di Kifangondo, della bravura dimostrata dai cubani e dagli angolani della fuga rapida del nemico che pochi giorni prima della battaglia aveva dichiarato: «La colazione a Caxito, il pranzo a Cacuaco e la cena a Luanda», ma che aveva solo morso la polvere
della sconfitta.
Kifangondo, Cangamba e Cuito Cuanavale sono passati alla storia come
«spazi indimenticabili nella sensibilità patriottica dei cubani», ma mancavano ancora degli anni per la vittoria di Cuito Cuanavale, che cambiò per sempre la storia dell’Africa, ponendo fine all’obbrobrioso regime del Apartheid, ma quei combattimenti sferrati dagli internazionalisti cubani, dai soldati volontari della terra di Martì e di Fidel, riempivano d’orgoglio le nuove generazioni che sognavano di contribuire a «saldare il debito con l’Africa».
Maestri, medici, costruttori, ingegneri, centinaia di migliaia di cubani, hanno realizzato missioni internazionaliste in Africa. Il 23 maggio del 1963, con un aereo della Cubana de Aviación, 29 medici, quattro dentisti, 14 infermieri e sette tecnici della salute raggiungessero l’Algeria.
Inziava così la prima missione internazionalista cubana in Africa nella storia della Rivoluzione, una collaborazione che non si è mai interrotta in tutti questi anni e che ha contribuito a salvare migliaia di vite, a alfabetizzare,
a costruire, a seminare, a difendere con il sangue l’indipendenza del continente. Più di 34.000 tecnici di livello medio e universitario provenienti dall’Africa si sono laureati e diplomati in Cuba negli ultimi decenni e attualmente vi studiano altre migliaia di giovani.1
LE MISSIONI INTERNAZIONALISTE MILITARI
Un contingente militare cubano, formato da 685 soldati con i loro mezzi raggiunse la nazione africana tra il 21 e il 29 ottobre del 1963, in aiuto alla nascente Repubblica Algerina Democratica e Popolare, dopo l’arrivo del personale della sanità.
Cuba inviò 746 combattenti, rispondendo alla richiesta d’aiuto del Governo siriano dopo il fallimento dell’offensiva scatenata da Egitto e Siria il 6 ottobre del 1973, per cercare di recuperare i territori occupati da Israele durante la Guerra dei sei giorni, nel giugno del 1967. Con i militari cubani si formò un Reggimiento di Carri Armati che poi si unì alla 47ª Brigata di Carri Armati cubano-siriana.
In Angola, l’Operazione Carlotta impegnò da agosto del 1975 a maggio del 1991, quando ritornò a Cuba l’ultimo gruppo di combattenti.
Fu la risposta del Governo Cubano alla richiesta d’aiuto del leader storico del Movimento per la Liberazione dell’ Angola (MPLA) Agostinho Neto, dopo l’aggressione perpetrata dal Regime del Apartheid sudafricano e i suoi alleati interni e esterni, per impedire l’indipendenza della nazione africana, distruggere il MPLA e occupare il paese.
In totale parteciparono alle missioni in Angola 337.033 militari e 50.000
collaboratori civili. Un contingente militare cubano fu destinato nella
regione di Punta Negra, Repubblica del Congo, con la missione d’agire come appoggio delle truppe che dovevano difendere Cabinda (in Angola),se fosse stato necessario.
«I popoli dell’Angola e di Cuba sono fratelli sotto tutti gli aspetti e per questo staremo sempre l’uno a lato dell’altro (…) Nei tempi buoni e nei tempi cattivi e per sempre. Noi riporteremo solamente l’amicizia indistruttibile di questo grande popolo e i resti dei nostri morti»2.
In codice si chiamava Operazione Baraguá,e cominciò nel gennaio del 1978 questa missione internazionalista militare in Etiopia, quando giunsero in questo paese le prime truppe cubane per affrontare l’aggressione delle forze armate della Somalia, iniziata nel luglio del 1977.
La missione si prolungò sino a settembre del 1989 e vi parteciparono 41.730 militari cubani.
In tutte queste missioni intervennero 385.908 combattenti cubani, e tra loro ne morirono 2398, compiendo il loro dovere internazionalista.
I cubani non hanno portato via niente dall’Africa, saccheggiata una e un’altra volta dalle potenze straniere; siamo andati là rispondendo alle richieste dei suoi popoli, compiendo quello che consideriamo un sacro dovere.
Le migliaia di combattenti che hanno lottato in Africa non cercavano la gloria personale, né ricchezza alcuna, non li muoveva altro desiderio che essere utili, essere fedeli alla Rivoluzione e stare all’altezza dei tempi in cui è toccato loro vivere
LA GLORIA CHE ABBIAMO VISSUTO
È difficile comprendere oggi, dopo tanti anni trascorsi, in questi nuovi tempi che corrono, come dei giovani in piena e vitale giovinezza potevano essere disposti a dare tutto, anche la vita, per persone che vivevano a migliaia di chilometri di distanza, abbandonare la sicurezza della casa, affrontare la lontananza, le malattie, la fatica e la morte.
Che cosa rendeva possibili quelle azioni di assoluto disinteresse? Quei giovani che oggi pettinano capelli bianchi non erano stati né sulla Sierra Maestra né a Playa Girón, non avevano vissuto i giorni della Crisi d’Ottobre, della campagna d’Alfabetizzazione.
Quei giovani in quella fila del Comitato Militare di Piazza della Rivoluzione e di altri centinaia di Comitati militari in tutto il paese, in quei giorni del 1983 e per molti altri anni, non erano fanatici né agnellini addomesticati; erano ragazze e ragazzi nati con la Rivoluzione e li muoveva la convinzione più profonda che era un dovere ed erano orgogliosi di coloro che combattevano e davano la vita in terra africana e non volevano restare indietro.
Non potevano restare indietro.
Quel giorno ero là tra loro e li ho visti piangere perchè non erano stati ammessi, perché venivano respinti. Non si potevano selezionare tutti, com’è logico e niente li consolava, né la promessa di altre missioni nè il richiamo a realizzare il dovere quotidiano nella nostra terra.
Volevano andare a incontrarsi con la storia!( GM – Granma Int.) /1 Agencia Cubana de Noticias./
/2 Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, discorso, 10 - 12 1977./
/FONTE: CUBA DEFENSA/