Discorso pronunciato dal Dott. Fidel Castro Ruz, Presidente dei Consigli di Stato e di Ministri della Repubblica di Cuba, durante l'incontro di solidarietà con Cuba tenutosi nella Chiesa Riverside. Harlem, New York, 8 settembre 2000
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Care sorelle e cari fratelli del Comitato di ricevimento;
Care sorelle e cari fratelli qui presenti;
Care sorelle e cari fratelli riuniti nella sala vicina;
Care sorelle e cari fratelli che dalla strada forse ci ascoltate, giacché molti di voi non avete potuto passare a questa sala della chiesa:
Siete stati molto generosi e amabili con me.
Quando qui si parlava di alcune cose con le quali rispondevate a quelli che facevano determinate domande riferite al nostro sforzo per i nostri bambini e per tutto il nostro popolo, e agli sforzi che abbiamo fatto per altri bambini e per altri popoli in varie parti del mondo - cosa che non ricordiamo mai, né dobbiamo ricordare o menzionare -, passò un’idea per la mia mente, ascoltando ciò. Dico: Tutto questo realmente ha un nome, ed è "violazione dei diritti umani" (Applausi ed esclamazioni), con cui si pretende giustificare un blocco ed una guerra economica che durano ormai da più di 40 anni.
Anche quando cantavate "Happy Birthday", ricordando molte cose, mi venne da pensare che forse sarebbe stato più esatto dire: "Happy Good Luck, Fidel".
Sono arrivato a compiere questi anni miracolosamente (Applausi ed esclamazioni), e non perché abbia passato diversi anni lottando contro la tirannia nel nostro paese, o per aver partecipato ad alcune azioni di guerra, bensì per tutto quello che accadde dopo il trionfo della Rivoluzione. A buon intenditore poche parole (Applausi), e voi non siete solo buoni intenditori ma siete anche molto nobili ed intelligenti intenditori.
Devo dire che, mentre venivo qui, ricordavo le mie quattro visite alle Nazioni Unite. Nella prima occasione mi espulsero dall’hotel che si trovava nelle immediate vicinanze delle Nazioni Unite. Io dovevo scegliere tra due opzioni: o montare una tenda nell’atrio delle Nazioni Unite - e come guerrigliero da poco uscito dalle montagne non mi sembrava una cosa molto difficile (Applausi) -, o andare fino ad Harlem, dove uno degli hotel mi aveva invitato (Applausi). Io decisi di immediato: "Vado a Harlem, perché lì ci sono i miei migliori amici" (Applausi ed esclamazioni).
(Dal pubblico gli dicono: "La mia casa è la tua casa!") (Applausi)
Grazie mille. Così mi dicevano in molte belle case dove vivevano persone molto ricche. Avevano un cartello che diceva lo stesso. Poi, quando facemmo qualche cosa per i poveri, tolsero quei cartelli per sempre (Applausi). In voi sento la generosità delle persone umili.
Quando ritornai una seconda volta, adesso non ricordo esattamente quello che feci nel 1979, so soltanto che lì parlai in nome di tutti i paesi poveri del mondo; la terza volta ritornai a Harlem, e non solo a Harlem, ma anche nel Bronx (Applausi), come ricordavate qui questa sera.
Questa volta ho avuto l’onore che mi invitassero in questa zona che credo si chiami Riverside. È così ? (Gli dicono di sì). Quello che capisco è che mi trovo sulla riva del fiume (Risate); anzi, mi trovo nel mezzo di un fiume, il fiume della più sana e nobile amicizia (Applausi).
Voi capirete che per me non è facile visitare New York, le prove abbondano. E questa volta, senza dubbio, non era un viaggio facile e c’erano molti compatrioti preoccupati. Stiamo vivendo un periodo speciale, e non mi riferisco al periodo speciale di Cuba, obbligato dal doppio blocco, bensì al periodo speciale di elezioni presidenziali (Risate); inoltre, nel mezzo di molte minacce di tutti i tipi, da quella di uccidermi fino a quella di inviarmi in una prigione nordamericana.
Però si trattava di una riunione molto importante. La chiamarono il Vertice del Millennio, e realmente stiamo iniziando un millennio incerto; c’è di più: per quelli che come me considerano che con il 31 dicembre si conclude il secolo XXº, l’umanità è sul punto di iniziare il secolo XXIº in condizioni estremamente dure ed estremamente preoccupanti. In nessun caso non potevo non venire, e credetemi, mi sentii molto felice quando presi l’aereo al temine di complicate gestioni per ottenere il visto.
Come voi sapete, con noi è venuto il compagno Alarcón (Applausi ed esclamazioni), che doveva partecipare ad una conferenza dei Presidenti delle Assemblee o Camere del Parlamento di tutti i paesi del mondo. Egli aveva chiesto il visto un mese fa, gli fu negato e alla fine concesso insieme al mio - giacché integrava la delegazione al vertice -, 24 o 48 ore prima del viaggio. Debbo aggiungere che sono stato trattato molto bene in ogni momento, e che il personale della sicurezza nordamericano che ci attese, lo fece con molta amabilità e con grande efficienza per cui, è giusto così riconoscerlo (Applausi).
Per parlare nella riunione ci davano cinque minuti. Come voi comprenderete, è poco tempo per enciclopedici problemi, o per meglio dire: per una lista enciclopedica di problemi, però feci lo sforzo e riuscii a parlare per sette minuti e tre secondi (Applausi), nonostante ciò fui uno di quelli che parlò per meno tempo.
Questa notte vengo qui con questo allenamento (Esclamazioni), però io so che voi mi concederete più di sette minuti e tre secondi (Applausi ed esclamazioni).
Misi un fazzoletto sopra le lampadine che indicano il tempo; lo feci per due ragioni: una, come una specie di protesta al fatto che i Capi di Stato o di Governo vengano sottoposti a questa tortura di accendere una lampadina gialla prima e dopo una rossa che li avverte che hanno già consumato i cinque minuti - non succede niente, però si soffre un’umiliazione -, e l’altra, perché penso che la tribuna delle Nazioni Unite non debba trasformarsi in un semaforo (Risate ed applausi). E' chiaro che, essendo in molti, bisogna ridurre lo spazio per non creare tanti problemi a New York e riunirsi qui una settimana o 15 giorni, però si suppone che noi non siamo bambini dell’asilo e che, se ci si parla e ci si spiega, possiamo essere molto brevi.
Ho partecipato in molte riunioni importanti con limite di tempo molto ristretto. Ci sono alcuni che sempre, con semaforo o senza semaforo, parlano molto di più della quota assegnata. Io ho sempre cercato di adeguarmi alla quota assegnata forse il peggiore castigo di colui che si prolunga troppo è la preoccupazione di tutti gli altri che stanno aspettando il loro turno, e per giusto che sia quello che dice, la gente lo critica. Non è politico prolungarsi in questo tipo di cerimonia. E, sebbene ora non ci troviamo nelle Nazioni Unite, ho il proposito di limitarmi a questioni essenziali.
Perché vi dicevo che, a mio giudizio, questa era una riunione molto importante? Perché il mondo sta soffrendo realmente una situazione catastrofica. Non credete in quegli esperti che simulano ottimismo, o in quelli che ignorano quello che in realtà accade nel mondo. Ho dati inconfutabili sulla situazione del Terzo Mondo, dei paesi da dove procedono molti di voi, o paesi che sono conosciuti da molti nordamericani che li hanno visitati, dove vivono i tre quarti della popolazione mondiale; io ho portato alcuni fogli e ho selezionato vari di questi dati; ve li leggerò.
Per esempio, posso dire che in più di 100 paesi il guadagno per abitante è inferiore a quello di 15 anni fa.
Il Terzo Mondo ha 1 300 milioni di poveri. Cioè uno ogni tre abitanti vive nella povertà.
Più di 820 milioni di persone soffrono la fame nel mondo. Di queste, 790 milioni vivono nel Terzo Mondo.
Più di 840 milioni di adulti continuano ad essere analfabeti, l’immensa maggioranza nel Terzo Mondo.
Un abitante del Terzo Mondo, quando nasce, ha una speranza di vita 18 anni inferiore a quella di uno che nasce nel mondo industrializzato.
La speranza di vita in Africa a sud del Sahara raggiunge appena i 48 anni . Questo è 30 anni meno che nei paesi sviluppati.
Si calcola che 654 milioni di persone che oggi abitano nei paesi del Sud non sopravviveranno ai 40 anni di età - quasi la metà di quelli che io ho già.
Il 99,5 % di tutte le morti di parto avvengono nel Terzo Mondo. Il rischio di morte di parto in Europa è di una morte per ogni 1400 parti. In Africa questo rischio è di 1 ogni 6. Parlo di rischio, infatti il numero di quelle che realmente muoiono è minore; però la cifra delle madri che muoiono di parto in Africa per ogni 10 000 parti è non meno di cento volte superiore a quella dell’Europa.
Più di 11 milioni di bimbi e bimbe minori di cinque anni muoiono ogni anno nel Terzo Mondo di malattie che sono, nella immensa maggioranza, prevedibile una cifra superiore a 30 000 ogni giorno; 21 ogni minuto; quasi mille da quando è cominciata questa cerimonia, circa 45 minuti fa.
Nel Terzo Mondo, 64 bambini di ogni 1 000 che sono nati vivi, muoiono prima di compiere il primo anno di vita.
Due su cinque bambini, nei paesi del Terzo Mondo, soffrono di ritardonellacrescita,eno su tre è sotto peso per la sua età.
Ho parlato di 64 ogni 1 000 come media, sommando tutti i paesi del Terzo Mondo, inclusa Cuba, che ha una media inferiore a sette, però ci sono numerosi paesi in Africa dove muoiono all'anno più di 200 bambini minori di cinque anni per ogni 1 000 nati vivi.
Ci sono altri aspetti morali terribilmente duri.
Due milioni di bambine sono forzate ad esercitare la prostituzione.
Circa 250 milioni di bambini minori di 15 anni sono costretti a lavorare per sopravvivere.
Dieci delle undici infezioni con il virus dell’AIDS che avvengono ogni minuto nel mondo, si registrano nell’Africa a sud del Sahara, dove il numero totale degli infettati supera ormai la cifra di 25 milioni di persone.
Queste accade mentre nel mondo si investono ogni anno 800 miliardi di dollari in spese militari, 400 miliardi in droghe stupefacenti, e un trilione in pubblicità commerciale.
Il debito esterno di questo Terzo Mondo alla fine del 1998 ascendeva alla cifra di 2,4 trilioni di dollari - quattro volte la cifra esistente nel 1982, solo 18 anni prima.
Tra il 1982 e il 1998, i suddetti paesi pagarono più di 3,4 milioni di milioni di dollari per il servizio del debito; cioè, quasi 1 milione di milioni in più che tutto l’ammontare attuale dello stesso debito. Lungi dal ridursi, crebbe un 45 % in 16 anni.
Nonostante il discorso neoliberale sulle opportunità delle aperture commerciali, i paesi sottosviluppati, con l’85% della popolazione mondiale, concentravano nel 1998 soltanto il 34,6% delle esportazioni mondiali; meno che nel 1953, nonostante la sua popolazione sia cresciuta oltre il doppio.
Se nel 1992 i flussi di aiuti ufficiali allo sviluppo erano equivalenti allo 0,33% del Prodotto Nazionale Lordo dei paesi sviluppati, nel 1998, sei anni dopo, questa proporzione si ridusse allo 0,23%, molto lontano dallo 0,7% meta segnata dalle Nazioni Unite. Cioè, ogni giorno il mondo ricco è più ricco e l’apporto allo sviluppo di questa immensa umanità povera decresce ogni anno; la solidarietà e la responsabilità si riducono anno dopo anno.
Dall’altro lato, il volume giornaliero di transazioni di compravendita di monete in scala mondiale ascende attualmente ad una somma equivalente a 1,5 milioni di dollari approssimativamente. Questa cifra non include le operazioni dei cosiddetti derivati finanziari, che rappresentano una somma addizionale approssimativamente uguale. Cioè, ogni giorno hanno luogo operazioni speculative equivalenti a 3 milioni di milioni di dollari. Se si riscuotesse un’imposta dell’1% di tutte le operazioni speculative, sarebbe più che sufficiente per lo sviluppo sostenibile, con l’indispensabile protezione della natura e dell’ambiente di tutti quei paesi cosiddetti in via di sviluppo, e che, in realtà, avanzano attraverso un cammino di un crescente e visibile sottosviluppo, poiché ogni giorno è più visibile la differenza tra i paesi poveri e i paesi ricchi, ed è anche più grande la differenza tra i poveri e i ricchi dentro lo stesso paese.
Potrei chiedervi, per esempio, se tutti insieme, con i piccoli risparmi che potete avere nelle banche, maggiori o minori, potete raggiungere la millesima parte della ricchezza di quello che ha più soldi nel mondo, che non per caso è concittadino di questo paese.
Ho parlato di milioni di milioni ogni giorno in operazioni speculative: 3 milioni di milioni di dollari; che c'entra questo con il commercio mondiale? Tutto il commercio mondiale ascende a 6,5 milioni di milioni di dollari in un anno, questo significa che ogni due giorni lavorativi, in queste borse di cui avete sentito parlare tanto, si realizzano operazioni speculative equivalenti approssimativamente alle operazioni che genera il commercio mondiale in un anno.
Quando nacquero le borse di cui ho parlato, non esistevano i fenomeni che ho menzionato; è qualche cosa di totalmente nuovo, di veramente assurdo. Le operazioni speculative, nelle quali il denaro cerca il denaro, non hanno assolutamente niente a che vedere con la creazione di beni materiali o di servizio. Un fenomeno che è cresciuto smisuratamente negli ultimi 30 anni e cresce ogni giorno di più fino all’assurdo. Può chiamarsi economia questo delirante gioco d’azzardo? Lo può sopportare la vera economia che deve soddisfare le necessità vitali dell’uomo?
Il denaro ormai non si impiega fondamentalmente in investimenti per la produzione di beni; si impiega in monete, azioni, derivati finanziari, cercando disperatamente denaro, direttamente, con l’impiego di software e dei più sofisticati computer, e non, come accadde storicamente, attraverso processi produttivi. Questo è quello che ci ha portato la tanto citata e famosa globalizzazione neoliberista.
I paesi sviluppati controllano il 97% di tutti i brevetti del mondo, perché, naturalmente, monopolizzarono le migliori intelligenze che produce il pianeta. Dall’America Latina e dai Caraibi, i paesi industrializzati portarono via, negli ultimi 40 anni, un milione di professionisti, ripeto, un milione di professionisti!, che negli Stati Uniti sarebbero costati 200 miliardi di dollari. I paesi poveri del mondo forniscono così i migliori frutti delle loro università ai paesi sviluppati.
Avevo qui i dati in un foglio; di questo parlai in una tavola rotonda delle Nazioni Unite: Negli ultimi 10 anni, di 22 Premi Nobel di fisica, gli Stati Uniti ne assunsero 19; qualcosa di simile successe con i Premi Nobel di medicina e per altri rami scientifici. Oggi il conoscimento si considera il fattore più importante per lo sviluppo, e i paesi del Terzo Mondo si vedono privati costantemente dei loro migliori talenti.
Un ultimo dato, tra quelli che ho selezionato: Appena l’1%, dei 56 miliardi di dollari che si investono ogni anno nelle ricerche della salute, viene destinato alla ricerca della polmonite, delle malattie diarroiche, della tubercolosi e della malaria, quattro dei principali flagelli del mondo sottosviluppato.
Le medicine più avanzate, perché persone che hanno avuto la tragedia di vedersi infettate dal virus dell’AIDS, possano sopravvivere qualche anno di più, costano 10 000 dollari nei paesi industrializzati. È' il prezzo che impongono; anche se il loro costo reale di produzione ascende a 1 000 dollari approssimativamente.
Noi siamo ben informati sulla tragedia che soffre il mondo, perché uno dei nostri principi più sacri è la solidarietà (Applausi).
Coloro che non credono nell’uomo, nel suo potenziale di nobili sentimenti, nella sua capacità per la bontà e l’altruismo, non potranno mai capire che ci fa male non solo il bambino cubano che muore o quello che soffre - non bisogna parlare solo di quelli che muoiono - e che noi ci preoccupiamo per il bambino haitiano, guatemalteco, dominicano, portoricano, africano, o di qualsiasi altro paese del mondo (Applausi). La specie umana raggiungerá il grado piú alto di coscienza quando ogni popolo sia capace di soffrire come proprio il dolore degli altri popoli del mondo.
Penso di più: L’umanità arriverà al massimo della sua coscienza e delle sue qualità potenziali, quando ad una persona, la morte del figlio di qualsiasi altra famiglia la farà soffrire come la morte del proprio figlio o di qualche altro parente vicino (Applausi).
So che molti di voi - forse la stragrande maggioranza - sono cristiani e qui ci troviamo in una chiesa. Ebbene, Cristo predicava precisamente questo, e per noi questo è l’amore per il prossimo (Applausi). Questo spiega gli sforzi che Cuba ha fatto per altri paesi nella misura delle sue forze. Alcune delle cose le avete ricordate all’inizio della cerimonia.
C’è un dato che dimostra questi sentimenti di solidarietà: circa mezzo milione di nostri compatrioti hanno compiuto missioni internazionaliste in numerosi paesi di diverse parti del mondo, specialmente in Africa (Applausi), come medici, come maestri, come tecnici, come lavoratori o come combattenti (Applausi).
Quando tutto il mondo investiva e commerciava con la Sudafrica del razzismo e del fascismo, decina di migliaia di combattenti volontari cubani affrontavano i soldati del razzismo e del fascismo (Applausi).
Oggi tutti parlano bene e sono felici di preservare l’indipendenza dell’Angola, sebbene sia ancora sottomessa ad una dura guerra civile per colpa di coloro che equipaggiarono le bande armate per molti anni, tra cui, il governo dell’apartheid e altre autorità che non menziono per rispetto al luogo in cui mi trovo (Applausi).
Il mezzo milione di volontari, che compirono la loro missione gratuitamente, non andavano lì per investire nel petrolio, nel diamante, nei minerali, né in nessun altra ricchezza di quel paese (Applausi).
Cuba non possiede un solo investimento nei paesi dove compirono il loro dovere i nostri internazionalisti (Applausi); non possiede un solo dollaro di capitale, nemmeno un solo metro quadrato di terra (Applausi).
Amílcar Cabral, un grande dirigente africano (Applausi), un giorno disse parole profetiche che costituiscono un onore indimenticabile per noi: "Quando i combattenti cubani ritornino, porteranno con loro solo i resti dei loro compagni morti" (Applausi prolungati).
Nessuno bloccò l’infame regime dell’apartheid, nessuno gli fece la guerra economica; non ci furono leggi Torricelli né ci furono leggi Helms-Burton per il regime fascista e razzista. Tutte queste leggi e misure si applicano, al contrario, contro il paese solidale che è stato, e sarà sempre, Cuba.
Con solo ridurre la mortalità infantile nella nostra patria, da circa 60 per ogni 1 000 nati vivi nel primo anno di vita a meno di 7, abbiamo salvato la vita di centomila bambini; abbiamo preservato la salute di tutti i bambino gratuitamente, e gli abbiamo garantito una speranza di vita di oltre 75 anni (Applausi). Ma c’è di più; non solo gli abbiamo preservato la vita, abbiamo garantito l’educazione gratuita a tutti (Applausi), e non un’educazione egoista e mediocre, bensì un’educazione solidale e di alta qualità.
In una ricerca realizzata da un’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’UNESCO, si comprovò che i nostri bambini possiedono quasi il doppio delle conoscenze della media delle conoscenze che hanno i bambini nell’America Latina (Applausi).
Abbiamo ugualmente salvato la vita a centinaia e centinaia di migliaia di bambini in Africa ed in altre parti del Terzo Mondo durante gli anni della Rivoluzione, e abbiamo curato la salute di decine e decine di milioni di persone. Più di 25 000 lavoratori della sanità hanno partecipato in questa attività internazionalista (Applausi). Questo viene chiamato "violazione dei diritti umani", e per questo dobbiamo essere distrutti.
La nostra Rivoluzione ha la sua storia. Non avrei la più minima morale per parlare qui, se durante 40 anni e più fosse stato assassinato dalla Rivoluzione un solo cittadino cubano, se a Cuba fosse esistito un solo "squadrone della morte", se a Cuba fosse avvenuto un solo caso di "desaparecido": però dico di più; se un solo cittadino del nostro paese fosse stato torturato - ascoltate quello che sto dicendo -, se fosse stato torturato un solo cittadino nel nostro paese. E questo lo sa tutto il popolo cubano (Applausi ed esclamazioni), un popolo ribelle con un elevatissimo senso della giustizia. Questo popolo non ci avrebbe perdonato nessuno di questi fatti che ho menzionato (Applausi), e questo popolo ha seguito la Rivoluzione durante più di 40 anni ed ha sopportato con stoicismo esemplare 41 anni di blocco da parte dei governi del paese più potente del mondo nell’ordine politico, economico, tecnologico e militare.
E, inoltre, negli ultimi 10 anni, il doppio blocco che si produsse dopo la disintegrazione del campo socialista e dell’URSS, che ci lasciò senza mercati e senza fonte di somministrazione per acquistare alimenti, combustibile, materie prime e molti altri prodotti essenziali che pagavamo con i nostri guadagni, e per pagare, ovviamente, bisogna commerciare. Se ad un paese non gli comprano niente, questo paese non può avere niente con che comperare a colui che lo priva delle sue entrate.
Forse un giorno la storia parlerà di come Cuba ha potuto realizzare il miracolo di resistere (Applausi); frattanto, però, vi assicuro che nessun altro paese dell’America Latina e dei Caraibi avrebbe potuto sopportarlo.
Questo, dove noi ci troviamo, è uno dei pochi paesi che potrebbe rifornirsi da solo di quasi tutti gli elementi essenziali per la vita. Però questa non è la situazione di un piccolo paese isolato, o di un paese non troppo grande, o persino di un paese grande dell’America Latina. Nessuno avrebbe potuto sopportarla 15 giorni e noi l' abbiamo sopportato 10 anni (Applausi), e già da vari anni, a poco a poco, siamo riusciti non soltanto a sopravvivere, ma anche a incrementare gradualmente la nostra produzione economica, anche se non abbiamo raggiunto ancora gli indici che avevamo prima del doppio blocco che ci costrinse a quello che abbiamo chiamato periodo speciale.
Basta dirvi che da un consumo giornaliero di 3 000 calorie, più o meno uguale per tutti, si ridusse, da un giorno all’altro, a 1 800 calorie. Ora siamo già intorno alle 2 400 calorie.
Però neppure questo ci ha impedito di fare quello che facciamo. In questi 10 anni, incorporammo, nella nostra rete di sanità, 30 000 medici, perché non si chiuse un solo policlinico, né una sola scuola, né una sola aula (Applausi).
Mai nel nostro paese ebbero luogo le cosiddette economie di shock che chiudono gli ospedali, le scuole, spazzano la previdenza sociale e le risorse vitali per le persone con entrate minori. Noi sopportammo e non si utilizzò una sola di quelle misure, e quelle che applicammo per affrontare una situazione tanto difficile furono discusse con tutto il popolo, non solo nel nostro Parlamento. Il Nostro Parlamento esiste, nonostante molte persone lo ignorino, ed esiste con uno spirito democratico di cui siamo orgogliosi, perché sono gli abitanti quelli che, in pubbliche riunioni, nominano i candidati a delegato di circoscrizione e per votazione generale e segreta li eleggono. Nessuno di loro è nominato dal Partito. Sono nominati liberamente dagli abitanti - non più di 8, ne meno di due candidati, per sceglierne uno - e vengono eletti tenendo conto dei loro meriti e delle loro capacità.
Questi delegati di circoscrizione costituiscono le assemblee municipali, e queste assemblee municipali, integrati da delegati eletti procedenti dalla base, sono quelle che nominano i candidati a delegato all’assemblea provinciale e a deputati dell’Assemblea Nazionale, che devono essere anche eletti per voto diretto e segreto ed ottenere più del 50% dei voti.
E quasi la metà di questa Assemblea Nazionale, della quale fanno parte Alarcón ed alcuni compagni della delegazione che sto vedendo da qui, è costituita da questi delegati di circoscrizione che furono, come ho spiegato, nominati ed eletti dal popolo, senza nessun intervento del nostro Partito, la cui unica missione è garantire il compimento delle norme stabilite dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi riferite al processo elettorale.
Nessuno deve spendere un solo centesimo, nemmeno uno (Applausi).
I candidati della circoscrizione fanno la campagna elettorale insieme; e anche i candidati dell’Assemblea Nazionale, nominati dai municipi, secondo la grandezza di ogni municipio, fanno la campagna elettorale insieme, sebbene qualcuno di loro deve contare su un minimo di due deputati nel Parlamento. Questa è la procedura, il metodo che abbiamo pensato per garantire il principio democratico.
Però vi dicevo che quando applicammo le misure per affrontare la situazione difficile del periodo speciale, queste si discussero tutte, primo, nella base, con lavoratori, contadini, studenti ed altre organizzazioni di massa, in centomila assemblee, e, poi, nell’Assemblea Nazionale. Subito dopo essere state analizzate dall’Assemblea Nazionale, ritornarono alla base per essere discusse di nuovo, prima che venissero approvate definitivamente da quella.
Queste misure proteggevano tutti, garantivano sicurezza a tutti, e gravavano, fondamentalmente, le bevande alcoliche, le sigarette e tutti i tipi di articoli sontuosi. Mai le medicine, gli alimenti o altre cose vitali per la nostra popolazione, e nonostante ciò abbiamo potuto garantire il litro di latte giornaliero ad ognuno dei bambini fino ai sette anni (Applauso), sapete a quale costo?, secondo il cambio ufficiale, a 1,5 centesimi di dollaro, un centesimo e mezzo.
Abbiamo ancora razionamento e lo continueremo ad avere rispetto ad una serie di alimenti; però una libbra di riso (circa mezzo chilogrammo NdT.), che costa nel mercato mondiale da 12 a 15 centesimi, senza contare il trasporto, da un luogo distante, perché non possiamo acquistarlo dove è più vicino, e senza contare nemmeno i consumi del trasporto interno, distribuzione e tutto il resto, si vende alla popolazione - la libbra di fagioli al prezzo del latte, 1,5 centesimi di dollaro -, e il riso a poco meno di 1,5 centesimi (Applausi).
Nel nostro paese, per le case nelle quali risiedono la maggior parte dei cittadini si paga 0 centesimi di dollaro (Applausi), perché oggi, in virtù delle leggi rivoluzionarie, più dell’85% delle case sono di proprietà della famiglia che vi abita (Applausi), e non pagano nemmeno le imposte. Il numero di case restanti, situate in luoghi lontani che risultano indispensabili per l’industria o per i servizi, pagano un modestissimo affitto o la ricevono in usufrutto. Per questo quando qualcuno dice che a Cuba tale cittadino guadagna 15 o 20 dollari al mese, io dico: C’è da aggiungerle tot. quantità che a New York costerebbe pagare la casa, tot. centinaia di dollari per spese in educazione, altre centinaia per spese in salute, e aggiungendo altre spese crescenti. Ciò non vuol dire che non siamo poveri o che non abbiamo necessità; però abbiamo distribuito la povertà o le risorse con la maggior equità possibile (Applausi).
Altri due o tre esempi. Per vedere una partita di baseball di cartello, per esempio, a Baltimora, secondo la nostra esperienza, costa in media 19 dollari; ad un cittadino cubano, d’accordo con il cambio, gli costa 5 centesimi di dollaro. Andare al cinema o al teatro, che voi sapete che a New York costa tra sei e otto dollari, al cittadino cubano costa 5 centesimi di dollaro. Visitare un museo - gli adulti che pagano perché i bambini non pagano - costa ai nostri cittadini 5 centesimi di dollaro. Per questo è stato possibile sopportare le condizioni più dure, nonostante la crisi, benché ci manchino molte cose.
I prezzi delle medicine basilari sono gli stessi che esistevano nel 1959, 40 anni fa(Applausi), ridotti alla metà, perché una delle prime cose che ha fatto la Rivoluzione fu ridurli, e quelli che ricevono queste medicine in un ospedale non devono pagare un centesimo (Applausi); e se necessitano di un trapianto di cuore, un trapianto di fegato o altri tipi di trapianti, o di costose operazioni o trattamenti, non devono pagare un solo centesimo.
Fu questo ciò che fece la Rivoluzione per il popolo, ciò che generò l’eroismo con il quale ha resistito una così grande prova non sopportata da nessun altro paese durante più di 40 anni di blocco, di cui gli ultimi 10 furono con le caratteristiche che ho spiegato. Per questo non deve risultare strano che gli stessi nordamericani riconoscano che i giovani più sani che emigrano negli Stati Uniti, in una forma o nell’altra, siano i cubani; e, inoltre, con un maggior livello di conoscenze in confronto con tutti gli altri emigranti di qualsiasi altro paese latinoamericano o dei Caraibi (Applausi).
A voi che con tanta fermezza, di fronte a tanta calunnia e a tanta menzogna, siete stati solidali con la nostra patria, mi sento in dovere di spiegarvi queste cose, senza allontanarmi un atomo dalla verità.
Ora, il nostro spirito internazionalista non diminuì nel periodo speciale. È certo che abbiamo dovuto ridurre il numero di borse di studio agli studenti stranieri, che negli anni ottanta ascendevano a 24 000 studenti. Eravamo il paese con il più alto numero di studenti stranieri pro capite, tra tutti i paesi del mondo (Applausi), senza prendere un centesimo.
Sono decine di migliaia i professionisti e i tecnici dell’Africa che studiarono e si laurearono a Cuba; dico Africa, sebbene ce ne sono anche da molti altri paesi, però venivano fondamentalmente dal continente più povero. Durante questo decennio si ridusse la cifra.
Si ridussero anche, inevitabilmente, i programmi di appoggio alla salute per alcuni anni; però posso dirvi, con soddisfazione, che oggi abbiamo più medici e lavoratori della sanità che prestano servizio gratuito nel Terzo Mondo, come in nessuna altra epoca (Applausi).
Poche parole su questa questione. Dopo l’uragano Georges - non mi spiego perché gli misero il nome di quello che fu il principale costruttore dell’indipendenza degli Stati Uniti e il suo primo Presidente -, che provocò molta distruzione e che uccise molte persone, offrimmo ad Haiti, il paese più povero del nostro emisfero, i medici di cui aveva bisogno (Applausi). E quando poche settimane dopo avvenne lo stesso in Centroamerica con l’uragano Mitch, portatore di terribili piogge come conseguenza dei cambiamenti di clima, con effetti molto dannosi, principalmente perché i boschi sono stati devastati per esportare il legno ai paesi più ricchi, gli offrimmo lo stesso, e perfino inviammo immediatamente centinaia di medici e proponemmo loro di sviluppare piani integrali di salute.
A nostro avviso, non era solo questione di inviare un numero di medici, aiutare per 15 o 20 giorni dopo l’uragano e dopo andarsene, perché questo uragano uccise, secondo le cifre più elevate che si menzionarono allora, più di 30 000 persone. Forse la cifra reale, perché molti degli scomparsi apparvero in seguito in qualche punto, fu di 15 000 vittime mortali. Noi sappiamo che in Centroamerica muoiono all'anno, per malattie prevedibili, più di 40 000 bambini - non menziono gli adulti -; quindi, hanno un uragano permanente e silenzioso, molto più terribile di Mitch, e che uccide ogni anno tre volte più bambini che quelli che uccise il Mitch, senza che nessuno parli di questo.
I paesi accettarono i medici e i programmi, principalmente quelli che agirono con un criterio indipendente; ad alcuni glielo proibirono. Questi programmi di salute, sorti allora, continuarono.
Attualmente, in uno di questi paesi e nei luoghi più sperduti, dove ci sono vipere, zanzare, non c’è elettricità, ci sono circa 450 medici e lavoratori della sanità, compresi alcuni tecnici per le attrezzature, alcune infermiere specializzate, però quasi tutti sono medici.
Questi programmi continuano e si estendono. Non portiamo le medicine perché non le abbiamo. Le medicine sono somministrate dai governi di ogni paese e da determinate organizzazioni non governative; però i servizi dei nostri medici sono assolutamente gratuiti.
(Applausi).
Ad Haiti i nostri medici oggi curano - e sono varie centinaia, approssimativamente uguale a quelli dell’altro paese menzionato -a più di quattro milioni di abitanti; ed un gruppo di specialisti, nel principale ospedale ed in altri ospedali dove mancano, curano coloro che lo necessitano proveniente da qualunque altra parte del paese. Hanno salvato molte vite.
È sufficiente dire che salvare vite non è tanto difficile, se si ricorre al semplice procedimento delle vaccinazioni che costano centesimi, e, ovviamente, se si applicano concezioni di politica della salute che permettono di salvare molte vite e guarire molte persone con una spesa infima. Ci sono milioni di vite di bambini che si perdono nel Terzo Mondo per mancanza di centesimi.
Noi offriamo solo al Centroamerica circa 2 000 medici, ad Haiti quelli di cui ha bisogno. Però non facciamo solo questo. In una importante installazione militare delle scuole della difesa, e a partire dalle riduzioni che abbiamo fatto nelle nostre spese militari, abbiamo creato a Cuba una scuola dove studiano Medicina circa 1 000 giovani del Centroamerica, provenienti da luoghi sperduti e di umile origine (Applausi). Sei mesi di studi premedici per prepararli; due anni di scienze basilari, e dopo quattro anni in qualcuna delle 20 facoltà che ha il paese, le cui capacità, insieme a quelle delle scienze basilari, raggiungono oggi quasi il numero di 40 000 alunni.
Ci furono anni in cui facevamo entrare in questa scuola 6 000 studenti; poi, logicamente, andammo riducendo questa cifra. In esse ora studiano non solo studenti di medicina, ma anche di laurea in infermeria, e tecnici per servizi ospedalieri di livello universitario, oltre agli odontoiatra. Disponiamo di una buona capacità.
Questa scuola, che vi ho menzionato, conta già su 3 000 studenti, entro alcuni mesi, quando incomincerà il nuovo corso - alcuni paesi finiscono i corsi di maturità a fine anno ed altri all’inizio dell’estate -, incominceremo a ricevere per il corso di livellamento nuovi studenti. A marzo entreranno a questa scuola 1 700 studenti, e si raggiungerà una cifra di circa 5 000 alunni (Applausi).
Entro tre anni ci saranno più di 8 000 studenti latinoamericani di medicina, senza pagare un solo centesimo, che hanno persino un’alimentazione migliore di quella dei 40 000 borsisti universitari cubani, che abbiamo nelle nostre università.
In questa scuola ci sono, attualmente, anche 80 studenti della Guinea Equatoriale, un paese dove si parla spagnolo.
Questo è un programma, si chiama Scuola Latinoamericana di Scienze Mediche, però non dispone solo di quella edificazione di scienze basilari e premedica; il programma comprende tutte le facoltà di medicina di tutto il paese.
Non dico che a Santiago de Cuba abbiamo più di 200 alunni haitiani, eccellenti studenti, che qui fecero il loro corso di livellamento ed iniziarono i loro studi in medicina. Ogni anno ne riceveremo circa 80. Non includo anche i giovani studenti di medicina dei Caraibi che studiano nella facoltà di Cienfuegos. In totale ci devono essere in questo momento - voglio essere conservatore - più di 4 000 studenti dell’America Latina e dei Caraibi che stanno studiando medicina. In poco tempo ce ne saranno 10 000 (Applausi). Questo lo può fare il nostro paese nonostante il blocco, in forma assolutamente gratuita e con adeguate condizioni di alimentazione e di vita, con le loro attrezzature di laboratorio, libri, vestiti, e, ovviamente, altre spese, compreso il trasporto proprio della scuola.
L’iscrizione si estese a studenti di tutta l’America Latina come una forma di unione, di fratellanza, di interscambio culturale.
Questa scuola ha dei propri gruppi culturali per paesi. Usciranno con conoscenze ampie sul resto delle nazioni, e si tratta, principalmente, di creare una nuova concezione, una nuova dottrina di quale deve essere il ruolo del medico nella società, perché nelle capitali e nelle grandi città dell’America Latina esistono medici in eccesso, però non tutti sono stati educati nell’idea di quale deve essere il dovere di un medico (Applausi). Il numero degli studenti non è tanto importante quanto le idee che presiedono questo programma.
Ebbene, non vi potete immaginare con quanta voglia studiano questi giovani, con quanta dedizione, più dei nostri alunni, che sono abituati a ricevere tutte queste opportunità come vedono sorgere il Sole ogni giorno. Quei giovani provenienti da luoghi molto poveri e, per loro, studiare medicina era un sogno. I risultati sono eccellenti, che magnifici medici si formeranno in queste scuole! Realmente noi ci sentiamo compensati dallo sforzo che questi realizzano.
Cosa facciamo in Africa? E' impossibile portare a Cuba decine di migliaia di africani. Guardate, l’Africa, per avere un medico ogni 4 000 abitanti, avrebbe bisogno di circa 160 000 medici. Cuba ne ha 1 ogni 168 abitanti e ne laurea 2 000 ogni anno.
L’Africa a sud del Sahara, per averne 1 ogni 1 000, avrebbe bisogno di circa 596 000. Come li formerebbe? Qual è la soluzione che stiamo applicando con i Programmi Integrali della Salute per l’Africa? Disponiamo di 3 000 medici per l’Africa a sud del Sahara. Il loro primo compito, dovunque non esista una facoltà di medicina, è crearla immediatamente (Applausi), raccogliendo licenziati, ragionieri, ed iniziando un corso di livellamento di sei mesi. Così lo abbiamo appena fatto in Gambia, dove ci sono 158 medici cubani (Applausi). Ci chiesero 90 in più e noi glieli offrimmo. Fu il primo paese dell’Africa dove si avviarono i piani integrali di salute. Avevano 30 medici di Gambia per 1 200 000 abitanti.
Il secondo luogo fu la Guinea Equatoriale: anche lì hanno già creato la facoltà di medicina. Ugualmente ci sono, in questo paese, più di 100 medici cubani.
Una scuola di medicina che avevamo creato molti anni fa in Guinea-Bissau e che fu distrutta da una recente guerra civile con intervento straniero, ancora non hanno potuto ricostruirla, però ci chiesero che gli studenti del quinto e sesto corso continuassero gli studi a Cuba. Immediatamente furono ammessi (Applausi), però siccome si è ritardata la costruzione della scuola, alcune settimane fa ci chiesero che accettassimo anche quelli del primo, del secondo, del terzo e del quarto. Gli abbiamo detto: "Mandateli immediatamente". Così che in nessuno di questi casi questi ragazzi si troveranno senza i loro studi.
Questa è la linea che stiamo seguendo. Bisogna formare centinaia di migliaia di medici africani. Nessuno si occupa di questo. C’è una parte del mondo molto ricca alla quale interessa solo il petrolio, i diamanti, i minerali, i boschi, il gas, la mano d’opera a buon mercato, e niente altro. Per questo la situazione di questo emisfero è oggi peggiore di quella che esisteva all’epoca della colonia. Molto peggiore! La popolazione si è moltiplicata. La situazione è terribile.
Ieri alle Nazioni Unite si parlava dell’AIDS. Questo è un capitolo a parte. Se me lo permettete, vi parlerò poi di questo (Applausi).
Perché mi sono dilungato un po’ sul tema della medicina? Ve lo spiego. Abbiamo concesso, a tutti i paesi dei Caraibi, gratuitamente, le borse di studio che richiedano per qualsiasi laurea universitaria. I paesi dei Caraibi sono molti, però la popolazione totale non è tanto numerosa. Essi parlano inglese. Da poco scoprii qualcosa che mi lasciò sorpreso: ci visitarono vari rappresentanti del Caucus Negro - parlo di questo perché essi parlarono del tema alla stampa, è la prima volta che io menziono questo pubblicamente -, e un legislatore del Mississippi - eletto per un distretto di questo stato – a cui gli parlavo di questi programmi mi disse: "Senta, nel mio distretto ho molti luoghi dove non c'è un solo medico." Gli dissi: "Come mai?! Ora mi rendo conto che voi siete il Terzo Mondo degli Stati Uniti" (Applausi ed esclamazioni). E gli dissi: "Siamo disposti ad inviarvi alcuni medici gratuitamente, come abbiamo fatto con altri paesi."
Così mi resi conto all’improvviso. Sento parlare sempre della ricchezza degli Stati Uniti, del Prodotto Interno Lordo che supera gli 8 milioni di milioni di dollari, ecc., e all’improvviso mi incontro con un membro rispettato della Camera che dice che nel suo distretto mancano i medici. Per questo gli risposi: "Possiamo mandarveli." Ed aggiunsi immediatamente: "Anzi, di più: senta - mi ricordai delle scuole -, siamo disposti a concedere un numero di borse di studio per i giovani poveri del suo distretto che non possano pagare i 200 000 dollari che costa una laurea universitaria." (Applausi ed esclamazioni). Quando ritornarono parlarono di questo problema, e ci hanno detto che stanno studiando la questione delle borse di studio poiché esiste sempre un problema di compatibilità nei confronti del sistema di formazione professionale di ogni paese.
Vi assicuro che i nostri medici hanno un’ottima preparazione. Cominciano dal primo anno ad avere contatto con i medici della famiglia e con i poliambulatori, durante sei anni realizzano non solo studi teorici con eccellenti professori e con gli adeguati mezzi tecnici, ma anche pratici, in costante contatto con i centri ospedalieri. Le nostre 20 facoltà - in realtà sono 22, però 2 sono solo di scienze basilari - furono costruite nei dintorni dei più importanti ospedali del paese in tutte le province. Lì realizzano le loro pratiche docenti e lì studiano le loro specialità, senza uscire dalla provincia per studiare nella capitale.
Il rappresentante fece commenti sulla situazione di altre minoranze, e mi parlò dei chicanos, delle riserve indiane e di altre zone del paese, e non solo di latini o immigranti, ma anche di cittadini nati negli Stati Uniti. Gli dissi: "Questo è un paese molto grande, enorme, noi non potremo fare qui quello che facciamo con altri paesi. Non so quanti abitanti avrà il vostro Terzo Mondo, però immagino che possa avere 30 o 40 milioni" (Applausi).
Volete che vi dica una cosa? Disponiamo di medici per alcuni milioni, però non osai di offrirgliene di più, poiché abbiamo molti impegni. Gli dissi: "Questo non risolve il vostro grande problema, però sono sicuro che se voi avete bisogno di medici e se voi chiedete i visti perché questi medici possano viaggiare, sarà impossibile che le autorità neghino il visto a questi medici. Altrimenti, come giustificherebbero le migliaia di medici che ci hanno rubato, i 3 000 che si portarono via nei primi anni (della Rivoluzione NdT.) - la metà dei 6 000 che avevamo, la metà! -, e più della metà dei professori universitari. Restarono realmente 3 000 medici patrioti (Applausi) e con loro organizzammo i nostri piani, accettammo la sfida. Oggi ne abbiamo 67 500 (Applausi), più di 20 per ognuno di quelli che loro si portarono via nei primi anni. Questo è il frutto della tenacia e della volontà di fare le cose (Applausi).
E che cosa succede attualmente? C’è una politica per promuovere la diserzione dei nostri medici che compiono missioni internazionaliste. Qualche settimana fa due dei 108 medici che abbiamo nello Zimbabwe a cura degli ospedali provinciali, perché non hanno medici sufficienti, giacché l’apartheid in Rhodesia non preparò medici neri e quella Rhodesia, oggi Zimbabwe indipendente, dopo più di 20 anni, ha molti ospedali senza medici. Noi abbiamo distribuito in quasi tutte le province un team di, almeno, 8 o 10 medici: specialisti in medicina generale integrale, chirurghi, ortopedici, anestesisti, radiologhi e alcuni tecnici per la riparazione di strumentazione medica (Applausi).
Due di questi medici, attratti evidentemente dal milione di milioni di dollari che ogni hanno si spendono in propaganda per esaltare il consumo e che danno luogo a che una percentuale defezioni e se ne vada, disertarono. Per onore del nostro paese dobbiamo dirvi che, di tutti coloro che stanno compiendo questi Programmi Integrali di Salute, ha disertato solo l’1,6% dei medici - anche se questo fa male lo stesso (Applausi).
Quelli se ne andarono niente meno che all’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Di immediato, gli stessi personaggi che tanto lottarono nel Congresso per la detenzione del bimbo Elián negli Stati Uniti, ricorsero al governo per chiedere i visti per quei due medici. Nessuno ricordò i bambini, gli ammalati abbandonati, i cittadini che quei due medici curavano e le vite che salvavano. L’importante era la pubblicità: abbiamo pescato due medici cubani! E lo stesso ha fatto la mafia cubana-americana, come noi chiamiamo questa che mai avrebbe dovuto chiamarsi Fondazione, poiché si trasformò in una organizzazione terrorista (Applausi ed esclamazioni). La stessa si occupa di questo in Guatemala, in Honduras, in Belice, ad Haiti, nella Guyana, in Paraguay, nei 13 paesi dove oggi si stanno portando a termine questi programmi, che si estenderanno - calcolo - a 30 o 40 paesi principalmente dell’Africa: come riescono a rubare cervelli!
Io dicevo al rappresentante nordamericano: "Come potrebbero negarti il visto, con quali argomenti, con quale morale, se stanno facendo queste cose?" (Applausi.)
Forse per inviare questi medici dovremmo far ricorso alla Legge di Aggiustamento Cubano, che noi chiamiamo legge assassina per le migliaia di vite che costa, a partire da un privilegio che non viene concesso a nessun altro latinoamericano e a nessun altro cittadino del mondo, ma solamente ai cubani, per promuovere destabilizzazione, disordine e materia prima per la pubblicità contro Cuba?
Logico, non lo faremo, si tratta di un tema serio. Io ho la speranza che, se certamente i legislatori del Caucus Negro o delle minoranze ispaniche - come si chiamano -, o i rappresentanti della popolazione indigena, solleciteranno un gruppo di medici, che non costerebbe niente al contribuente né al Tesoro nordamericano, credo, penso, che il Governo degli Stati Uniti non negherebbe loro il visto. Ê quello che penso. Non vedo logico altro atteggiamento.
Discuteranno, come è logico, il livello di preparazione. Sono assolutamente sicuro che i medici che invieremo, in questo caso potranno essere oggetto di esame rigoroso da parte di qualunque giusto tribunale, e supereranno tutte le prove necessarie per compiere con onore questa missione.
È' più facile ancora inviare (a Cuba NdT.) gli studenti di medicina. Loro (i rappresentanti del Caucus Negro NdT.) sono adesso impegnati in questo compito, e da qui posso affermare che siamo disposti a ricevere 250 studenti all’anno che provengano dal Terzo Mondo nordamericano (Applausi). Inoltre impareranno spagnolo e avranno dei rapporti con giovani di tutto l’emisfero, ai quali trasmetteranno quello che sanno degli Stati Uniti e la cultura nordamericana. Loro gli mostreranno la cultura di tutti i loro paesi.
E giacché ho menzionato una cifra, si tratta di 250 borse universitarie ogni anno però nel primo corso di premedica, che comincerà a marzo, possiamo offrirne 500 per includere altre minoranze. La selezione non verrebbe fatta da noi; verrebbe fatta dai rappresentanti che desiderano aiutare giovani di umile origine dei loro distretti a studiare medicina, con il compromesso di ritornare ai loro luoghi di origine quando si saranno laureati come medici (Applausi).
Adesso voglio aggiungere alcune cose, e, perché non vi impazientite, alla fine vi dirò qualcosa sul bambino Elián, e poi arriverò alle conclusioni. Devo vedere che ora è (Guarda il suo orologio), è da un po’ che siamo qui, spero che non si prolunghi troppo.
Dicevo che la situazione sanitaria in Africa è disastrosa, però la cosa più terribile è che una nuova piaga minaccia - attenzione a quello che dico - di sterminare la popolazione dell’Africa a sud del Sahara, che ha 596 milioni di abitanti.
Parlo con tutta serietà e con tutta riflessione. Non voglio essere allarmista, però, facendo appello alla memoria, vi dirò: Dei 35 milioni di persone infettate dall’AIDS nel mondo, 25 milioni sono africane. Nell’attualità - ho i dati tratti da distinte fonti e soprattutto dalle mie conversazioni con il responsabile del programma ONUAIDS delle Nazioni Unite, che è consacrato al problema - ogni anno muoiono circa 2 milioni di cittadini africani a causa dell’AIDS, e sono, come da supporre, gente giovane e madri in età di riproduzione, e per ogni 2 che muoiono, se ne infettano 5. Sono morte già 19 milioni, ci sono 12 milioni di orfani e si calcola che nei prossimi 10 anni la cifra raggiungerà i 42 milioni.
È' lontana la scoperta di un vaccino.
E mi chiedo: Come può svilupparsi un paese povero del Terzo Mondo in situazioni come alcune in cui il 30% della popolazione è infettata dall’AIDS ed è carente di medici, di medicine, di infrastrutture? Come curare 42 milioni di bambini orfani? E la cosa terribile: tra i 19 milioni che sono morti, una cifra elevata sono bambini che vennero contagiati dal virus nel momento della nascita, e anche, ovviamente, molte madri. Come possono alimentarli, con la quantità di persone denutrite, con la fame che esiste in molti di questi paesi?
Alcune settimane fa si svolse una riunione a Durban, Sudafrica, e lì parlarono rappresentati africani e rappresentanti di paesi industrializzati. Questi dissero che bisognava fare uno sforzo per affrontare il problema, che era terribile. Allora mi sono detto: Hanno appena scoperto l’AIDS in Africa, o sembra almeno che lo abbiano appena scoperto. Parlano di misure da adottare, di che cosa fare con le imprese produttrici di medicine per ridurre il costo e quanti soldini dare per aiutare. Si parlò di un miliardo, o di un miliardo e qualcosa. Molto bene. Però è sufficiente segnalarvi che se riducessero a 1 000 dollari il prezzo di ogni trattamento per evitare lo sviluppo della malattia che costa 10 000, o per cominciare a fermarlo, sarebbero necessari 25 miliardi di dollari annui; se il prezzo fosse di 5 000 dollari sarebbero necessari 125 miliardi di dollari, e con l’attuale prezzo occorrerebbero 250 miliardi di dollari.
Adesso bisogna vedere quanto si accorda, quanto tempo sarà necessario per mettere in pratica un programma, quanti milioni si infetteranno, quanti milioni moriranno e quanti milioni andranno ad aumentare il numero degli orfani.
Vi assicuro che con la collaborazione dei paesi industrializzati si potrebbe risolvere un problema fondamentale, che è quello a cui mi riferivo quando parlavo su quanto dissero vari rappresentanti africani: "Perché? Perché se non abbiamo infrastrutture per applicare queste medicine?" Queste medicine sono un numero di pastiglie da prendere a un'ora, in determinate circostanze. Questa non è un’aspirina, che uno la prende quando ha un mal di testa. Ho pensato molto su questo.
Nella tavola rotonda di ieri molti rappresentanti africani parlarono dell’AIDS, ed io, ricordandomi di quanto detto a Durban, dissi: "Se i paesi industrializzati apportano il denaro per le medicine, il nostro paese per l’esperienza acquisita con il lavoro di decine di migliaia di medici nel Terzo Mondo, può organizzare questa infrastruttura in un anno per combattere l’AIDS e altre malattie (Applausi). E non si preoccupino per questioni politiche, perché i nostri medici hanno l’istruzione rigorosa di seguire, soprattutto, una regola: Non parlare mai di politica, né di religione, né di filosofia. A questa regola si attengono. Se c’è un pastore di qualunque chiesa evangelica, lavorano con il pastore. Il pastore non vuole che muoiano i suoi bambini né la sua gente e coopera, egli può aiutare molto nei programmi di salute, a persuadere la gente a prendere determinate misure. Se stanno con un altro pastore di un’altra chiesa, se è un rappresentante mussulmano o un capo spirituale di una religione africana, succede la stessa cosa. Essi non vogliono che muoiano i bambini. Se si tratta di un sacerdote cattolico, è esattamente uguale, egli non vuole che muoiano i bambini, né le famiglie della parrocchia. Chi si opporrà a questo?
Quando l’epidemia tanto terribile avanzi, non potranno lavorare, non potranno neanche produrre alimenti, i pochi letti ospedalieri che hanno non basteranno, perché l’AIDS induce altre malattie terribili.
A tale calamità sanitaria si aggiungono cento milioni di casi di infezioni o di infezioni recidivanti di malaria, che uccide all'anno un milione di persone, e 3 milioni che muoiono a causa della tubercolosi che si collega, senza ombra di dubbio, con la denutrizione e con il VIH. Ho già detto che solo l’1% di quello che si spende nel mondo in programmi di ricerca di salute, si utilizza per la ricerca di malattie del tropico.
L'infrastruttura potrebbe prestare altri servizi medici, non solo l’applicazione delle medicine dell’AIDS. Se ci sono le medicine e i vaccini per curare o prevenire altre malattie che causano molte vittime si possono anche applicare, si danno i servizi e quelli sì che sono abbastanza economici. Noi possiamo inviare un minimo di 100 medici ad ognuno dei paesi dell’Africa a sud del Sahara, dove le necessità sono maggiori.
Questi medici organizzano l'infrastruttura, dirigono, preparano i giovani. Se gli assegnano giovani aiutanti di 15 anni, con licenza media, con i testi corrispondenti, si possono trasformare in infermieri nella metà del tempo che richiede una scuola d’infermeria; se vogliono preparare specialisti in ortopedia, chirurgia ed altri rami, li possono preparare nella metà del tempo che si impiega in una residenza ospedaliera. In modo che questi medici potranno fare molte più cose che creare l’infrastruttura: preparare decine di migliaia di persone qualificate. Ed oltre questo, la creazione di facoltà universitarie di medicina nei paesi dove non esistano. Cuba non prenderebbe un solo centesimo per questo servizio, né aspetterebbe anni per metterli in pratica (Applausi).
Diranno che non ci sono soldi. Si potrebbero prelevare un po’ da quello che si spende in pubblicità, che incita al consumo non solo nelle società sviluppate, ma anche a migliaia di milioni di cittadini che vivono in paesi sottosviluppati dove non possono usufruire praticamente di nessun consumo, e un poco dalle spese militari che sono 800 miliardi (Applausi).
Possono fare un’edizione mondiale di buoni perché molta gente buona e che non conosca questo possa acquistare buoni come parte della contribuzione, e qualcosa in più: una piccola imposta sulle operazioni speculative, ed eccederebbe il denaro non solo per questo, ma anche praticamente per sviluppare questo Terzo Mondo. è necessario, è assolutamente elementare.
Perché non si fa questo? Perché si parla tanto di diritti umani quando stanno succedendo tutte queste calamità nel mondo? Chi sono i responsabili della morte di decine di migliaia di persone che si potrebbero salvare ogni anno, tra cui bambini - di cui ne muoiono più di 11 milioni -, adolescenti, giovani e adulti, che muoiono anche per la mancanza dell’assistenza adeguata, o che muoiono per una malattia che non si è trattata in tempo, o per alcuna malformazione che si potrebbe risolvere, o per una operazione chirurgica od ortopedica in caso di incidente? Non si sa quanti si potrebbero salvare di quelli che muoiono, o a quante persone in età avanzata si potrebbe prolungare la vita.
A una persona che vive 50 anni - voi ne conoscete molte e molti sono vostri parenti - gli piacerebbe vivere 10 anni in più, o 20 anni in più, o 30 anni in più; e le persone di 70 anni vorrebbero vivere 5, 8 o 10 anni in più; o persone della mia età, di 74 anni, di quest’età che voi oggi avete ricordato, desidererebbero vivere 4 o 5 anni in più fino a 10 , per vedere come va avanti il mondo e se alcune delle predizioni si compiono.
Nel mio caso, realmente, mi piacerebbe, per approfittare un poco più dell’esperienza acquisita durante molti anni lottando per servire il popolo (Applausi). Gli avversari parlano di "Castro nel governo da tot anni", "la dittatura di Castro", "la tirannia di Castro", "che è al potere e che non vuole lasciare il potere"; non si sa quante altre cose in più. Il potere se non è per fare qualcosa, per fare del bene, non serve a niente in assoluto, e sarebbe da pazzi desiderarlo (Applausi).
Inoltre - come ho spiegato a molti visitatori -, ho molto pochi poteri costituzionali e legali, minimi. Io non nomino ambasciatori. In tutte le parti del mondo il presidente del paese nomina gli ambasciatori, nomina i ministri. Io non nomino i ministri, io non nomino nessuna carica dello Stato. Gli ambasciatori che vengono proposti li propone una commissione che analizza tutti i quadri e li propone, li sottomette al Consiglio di Stato, che deve approvarlo - sono 31 membri -, e a me spetta, alla fine, firmarlo.
Lo stesso vale per gli indulti, o commutazioni di pena nel caso della condanna più severa, devono essere discusse da 31 membri del Consiglio di Stato.
Però a me non importa, non necessito questo. Penso che un governante o qualcuno che diriga non necessita di cariche, quello che necessita è autorità morale, quello che necessita è potere morale (Applausi).
Durante 41 anni solo una volta si produssero nella Città di L’Avana, vicino al porto, determinati disordini pubblici. Erano associati all’avviso che mandarono per radio che un gruppo di navi, provenienti dagli Stati Uniti, si avvicinava per raccogliere immigranti. Sapevano che noi non sparavamo né tentavamo di intercettare navi con persone a bordo. Quando cominciarono a venire motoscafi veloci provenienti dagli Stati Uniti in operazioni di contrabbando, uno di essi si fermò vicino alla costa, ad est dell’Avana; il personale di vigilanza, sorpreso da quel fatto insolito, gli intimò all'alt e sparò. Ci furono alcuni feriti, non ci furono morti.
Un’altra volta un trattore - trainava un carro con gente fino alla costa - cercò di schiacciare un poliziotto che si mise davanti ed altri che lo accompagnavano spararono; ci furono alcuni feriti e alcune perdite. Era già la seconda volta.
In un’altra occasione, sequestrata una nave se la portarono via con il personale a bordo - tutto questo stimolato dalla Legge di Aggiustamento -, un motoscafo di vigilanza sparò alcune volte; per fortuna, non colpì nessuno.
Immediatamente un’istruzione diretta a tutte le forze di guardia frontiere e a tutte le autorità: "Non sparare e non cercare di intercettare nessuna imbarcazione con persone a bordo che cerchi di uscire, anche se si trovano nel mezzo della baia."
Dunque, perfino la lancia di Regla, che molti di voi sapete che è un mezzo di trasporto tra L’Avana Vecchia e il comune di Regla, era oggetto di sequestri. Arrivava qualcuno con un revolver e vari complici a bordo, neutralizzavano il conduttore e uscivano dallo stesso porto. Nessuno le toccava.
Il famoso incidente di cui si parla con il rimorchiatore 13 Marzo ha la sua storia dettagliata e completa. Noi abbiamo ordinato un’investigazione meticolosa in tutti gli aspetti. Quello che è successo fu che c’era un luogo dove si trovavano i rimorchiatori che prestano servizio al porto. Lo assalirono, neutralizzarono quelli che lo custodivano, distrussero le apparecchiature di comunicazione e partirono con quello. Tre degli stessi lavoratori del centro salirono su un altro rimorchiatore, altri tre o quattro - non ho ora la cifra esatta - salirono su un altro, di notte, senza dire niente a nessuno, e partirono con i due rimorchiatori per cercare di intercettare quello sequestrato. Nessuno sapeva niente, ormai erano passate ore dal momento in cui si produsse il sequestro del rimorchiatore.
Appena le autorità pertinenti seppero dell’accaduto, vennero date istruzioni immediate ai guardacoste di avvicinarsi alla rotta che seguivano per evitare un incidente ed ordinare il ritorno dei rimorchiatori che erano usciti per cercare di intercettarlo.
Era l’alba, il mare era agitato e le onde erano forti. Prima che arrivasse un guardacoste, che per fortuna salvò quasi la metà di coloro che si trovavano nell’imbarcazione sequestrata, giacché lo stesso aveva salvagenti, corde e altri mezzi per soccorrere e riscattare i naufraghi, ci fu un incidente tra uno dei due rimorchiatori che cercavano di intercettarlo, con la poppa del rimorchiatore rubato che colò a picco. L’equipaggio, formato da poche persone, riscattò vari naufraghi, nonostante non avessero mezzi adeguati e con il timore di essere essi stessi sequestrati. Non tardò nell’arrivare il guardacoste che, sebbene in quelle condizioni difficili e nel mezzo dell’oscurità della notte, potette salvare 25 persone. Questa è la storia reale del fatto. Ah, però bisognava inventare menzogne e creare una cinica leggenda sul caso.
Vi assicuro che non sto esagerando né cambiando i fatti; sentirei infinita vergogna se cercassi di giustificare qualcosa che costituisse un atto infame. Questa non è stata mai la nostra linea di condotta.
Negli Stati Uniti devono trovarsi molti dei 1 200 prigionieri che catturammo a Girón. Nessuno di questi può dire che ricevettero un colpo con il calcio del fucile, nonostante fossero morti più di 100 nostri compagni e centinaia erano stati feriti. Io ero lì, non fu qualcosa che mi raccontarono, io stesso partecipai, realmente, nell'arresto e trasporto dei prigionieri. Passai perfino davanti ad una squadra di invasori che era armata dietro uno dei manglares - andavo per un cammino vicino alla costa, mi videro a pochi metri, nessuno mi sparò.
Ci sono momenti in una battaglia in cui la morale di un avversario si perde totalmente e nessuno ritorna a sparare un solo colpo. Dopo, nel processo, essi lo citarono come un merito, perché fosse tenuto in conto che gli passai davanti e non mi spararono. Molte grazie, vi ringrazio moltissimo. Non avrei compiuto 74 anni, quindi li ringrazio (Applausi); però nessuno può dire che furono maltrattati, e avevano invaso la nostra patria ed erano stati inviati da una potenza straniera.
Se fosse successo il contrario, voi sapete bene che, quanto meno, gli avrebbero dato l’ergastolo. E qui non è molto facile che liberino nessuno dall'ergastolo, perché quei portoricani che passarono molti anni in prigione e che furono messi in libertà recentemente (Applausi), dovettero soffrire molto prima di veder il frutto di una lunga lotta solidale. Non so il numero esatto di anni che rimasero in prigione, forse qualcuno di voi me lo può dire (Gli dicono 20 anni).
Sorelle e fratelli, io vi assicuro che a Cuba, quando alcuni dei mercenari che sono pagati dall’estero per realizzare attività sovversive trascorrono appena tre mesi in carcere, piovono pressioni e lettere da tutte le parti, in virtù dei piani e dei meccanismi programmati da tutte le parti, in virtù dei piani e dei meccanismi programmati precedentemente perché li mettano in libertà. Non si sa quanti controrivoluzionari giustamente condannati abbiamo messo in libertà! Perché la lotta è stata lunga.
Al principio della Rivoluzione c’erano 300 organizzazioni controrivoluzionarie che facevano terrorismo, e quando in una sola azione catturammo 1 200 prigionieri, non rimasero in galera nemmeno due anni. Dicemmo a coloro che ce li inviarono: "Guardate, se pagate un risarcimento in medicine e alimenti per bimbi, gli mettiamo tutti in libertà". Alcuni di loro commisero, dopo, crimini, uccisero nostri compagni con bombe e attentati. Se fossero rimasti in carcere per 30 anni si sarebbero salvate le vite di molti compagni; però questo rischio non ha influito, e un giorno una nave carica di "eroi" giunse negli Stati Uniti senza problemi. Consegnarono loro una bandiera, credo che gliela consegnò il Presidente di allora o viceversa, perché la facessero sventolare un giorno in una Cuba libera. Questi nella realtà non poterono salvare né la bandiera, né i gagliardetti, né le armi, né niente. Sono passati molti anni.
Dopo quegli episodi, ho parlato con alcuni di loro che furono in quella spedizione, avevano cambiato criterio, pensiero e sono altre persone. L’uomo può cambiare.
Vi ho ricordato l’esempio di ciò che accadde a Girón, perché dimostra la continuità della politica che abbiamo seguito dalla guerra nella Sierra Maestra. Nei primi combattimenti, i soldati avversari lottavano fino all’ultima pallottola, credevano che avremmo ucciso loro. Poi non fu così. Durante la guerra abbiamo fatto migliaia di prigionieri. I feriti erano curati con priorità sui nostri propri feriti. Mai si fucilò un prigioniero, mai si bastonò uno solo di essi. La Croce Rossa Internazionale è testimone. Loro hanno la lista e i dossier delle centinaia di prigionieri che catturammo nell’ultima offensiva contro il fronte 1, nell’estate del 1958; in esse si può investigare se ci fu un soldato bastonato, se ci fu un soldato fucilato.
Essi erano i nostri fornitori di armi. Li portavano da qui a un’altra provincia, e quando arrivavano le colonne e si vedevano perduti in qualche combattimento, allora non lottavano, come al principio, fino alla fine. C’è da dire, con maggior precisione, che come regola lottarono sempre, non smettevano di fare una forte resistenza; però quando vedevano persa la battaglia, si arrendevano. Così ci furono soldati che si arresero tre volte. Perché? Perché c’era una politica nei confronti del nemico come c’era una politica anche nei confronti della popolazione. I soldati arrivavano uccidendo civili, bruciando case, rubando tutto, non pagavano niente. Noi arrivavamo pagando ogni cosa che compravamo. Se non c’era nessuno, lasciavamo il danaro a un vicino o in un altro luogo, e per tutto il tempo che durò la guerra, nel fronte numero 1 della Sierra Maestra, che fu dove tutte le colonne acquisirono la stessa dottrina di guerra, la stessa dottrina politica, non ricordo un solo caso di qualche nostro combattente che abbia mancato di rispetto alla moglie o alla figlia di una famiglia contadina.
Dopo che fummo sparpagliati, a partire da sette uomini armati, si vinse la guerra in meno di 24 mesi, lottando contro forze che avevano 80 000 uomini tra soldati, marinai e poliziotti, grazie all’appoggio di tutto il popolo. Perché? Perché difendevamo una giusta causa, in primo luogo (Applausi); e, in secondo luogo, perché avevamo una politica per i contadini e per il popolo in generale, ed una politica per l’avversario. Senza questa politica, non sarebbe stata possibile la vittoria, né in 2 o in 30 anni, supponendo che le altre cose si facessero più o meno bene.
Queste tradizioni si conservano fino ad oggi. Possono interrogare i sudafricani, che furono prigionieri dalle nostre truppe, se qualcuno di loro venne bastonato, se qualcuno di loro venne fucilato, perché la nostra politica di guerra, la diffondevamo e la trasmettevamo a tutti coloro con i quali cooperavamo, e non dico niente di più su questo argomento, perché ci sono molti luoghi dove i combattenti si uccidono gli uni agli altri. E' così.
Nel nostro caso, né nella nostra guerra, né nelle missioni internazionaliste, fu mai picchiato né fucilato un prigioniero. Di tutto ciò che vi dico ci sono testimoni viventi. Questo, è logico, è ciò che fornisce morale e autorità.
Quando avvennero quei disordini nella capitale, il 5 agosto 1994, perfino la polizia era sorpresa. Non era mai successo niente di simile. Gruppi di civili che ammontavano a varie centinaia di persone cominciarono a lanciare pietre alle vetrate, alle case; la gente era mezzo sconcertata. Seppi la notizia, stavo andando verso il mio ufficio e mi dicono: "Sta succedendo questo." Dico: "Che non si muova una sola unità." Avverto la scorta - nove uomini che venivano con me -, avevo chiesto tre jeep - volevo andare in jeep, non in una macchina di sicurezza, né su un carro blindato, né in niente di simile -; arrivarono le jeep. Con i nove della scorta, un compagno che è qui e che allora lavorava con me e che voi conoscete, Felipe Pérez Roque, ora nostro brillante ministro degli Esteri (Applausi), ed il compagno Lage, che si unì a noi durante il cammino, eravamo 12 persone.
Andammo fino al luogo dei disordini. La scorta aveva l’ordine categorico di non usare le armi. Arrivati, io scesi, camminai e immediatamente la popolazione reagì, in pochi minuti cessarono i disturbi e perfino coloro che lanciavano pietre si contagiarono e marciarono con un’enorme massa, arrivammo fino al Malecón e tornammo a piedi per questa via. Questo è e sarà sempre lo stile della Rivoluzione (Applausi).
Mai, nel nostro paese, si è vista una macchina dei vigili del fuoco lanciare getti d’acqua contro il popolo, giammai si sono visti uomini con scafandro, che li fanno sembrare cittadini venuti da un altro pianeta, con non si sa quante cose addosso, reprimendo manifestazioni ed utilizzando metodi brutali! Nel nostro paese mai è accaduto questo. Daremo un gran premio a chi potrà mostrare una sola immagine.
Ricordo che nei primi anni della Rivoluzione c’erano 300 organizzazioni controrivoluzionarie, bande armate in tutto il paese, migliaia di persone in prigione e quando andavo a visitare l' Isola dei Pini, oggi Isola della Gioventù, mi riunivo con quei prigionieri, che stavano lavorando nei campi con i machetes, le asce e tutto e parlavo con loro. Mai tentarono di aggredirmi!
Con coloro che invasero Girón, mi riunii varie volte, andai perfino alla prigione dove erano stati confinati. Nessuno commise la benché minima mancanza di rispetto!
Non si sa quanto vale avere un’etica ed una linea di condotta degna. Questa è la forza più potente della quale si può disporre (Applausi).
Già vi ho parlato dei viaggi: ogni tipo di minacce. Vi ho detto, inoltre, che mi piacerebbe vivere alcuni anni in più; però vi posso anche assicurare con tutta onestà che non cambierei un solo principio, non accetterei un solo disonore, non accetterei una sola minaccia in cambio della vita (Applausi).
Per questo vi ho detto che ero felice quando ho iniziato il viaggio verso questo paese, meglio dire verso New York - io non ho il visto per visitare il paese -, solo New York, e dentro le 25 miglia, né un millimetro in più né un millimetro in meno. La soddisfazione nasceva dal disprezzo alla pioggia di minacce ed al desiderio di incontrarmi con voi.
Forse questi elementi di giudizio che vi ho offerto sono utili a chi, come voi, è stato tanto coraggioso e solidale.
Vi ho parlato dei gravi problemi sociali del Terzo Mondo. Però ci sono anche problemi sociali seri in un paese tanto ricco come questo, il più ricco del mondo. Voglio ricordarne alcuni.
Trentasei milioni di persone, il 14% della popolazione, vive al di sotto del livello di povertà, con un tasso due volte superiore a quello degli altri paesi sviluppati. Il doppio che in Europa o in Giappone.
Quaranta tre milioni di persone non hanno accesso alle assicurazioni della salute, e altri 30 milioni hanno una copertura medica tanto debole che risulta praticamente inesistente.
Ci sono 30 milioni di analfabeti e altri 30 milioni di analfabeti di ritorno. Non sono cifre inventate da Cuba, sono dati ufficiali di organismi internazionali.
Tra la popolazione nera, il tasso di povertà raggiunge oltre il 29%; quello di tutta la popolazione è del 14%. Il tasso di povertà della popolazione nera è quindi più del doppio di quello della popolazione nera degli Stati Uniti. Tra i bambini neri questo indice raggiunge il 40%. In alcune città e aree rurali degli Stati Uniti supera il 50%.
Nonostante l'espansione economica, i tassi di povertà della società nordamericana sono due o tre volte superiori a quelli dell'Europa Occidentale. Il 22% dei bambini nordamericani vivono nella povertà. Sono cifre ufficiali.
Soltanto il 45% di tutti il lavoratori del servizio privato usufruiscono di copertura della Previdenza Sociale.
Si calcola che un 13% della popolazione totale nordamericana non sopravviverà o supererà i 60 anni.
Le donne ancora guadagnano soltanto un 73% di quanto guadagnano gli uomini in lavori simili e sono il 70% dei lavoratori impiegati a tempo parziale, i quali non hanno diritto a nessun beneficio sociale.
L'85% dei nuovi lavoratori che svolsero più di un lavoro tra 1981 e 1995, furono donne.
L'1% più ricco della popolazione, che nel 1974 era proprietario del 20% dei beni, possiede adesso il 36%. Cresce la differenza.
Tra i 3 600 condannati alla pena di morte che abitano in questo momento nei corridoi o braccia della morte delle prigioni nordamericane, non c'è nemmeno un miliardario, non c'è una sola persona che appartenga alla classe media alta. Qualcuno potrebbe domandarsi il perché. Forse voi potete rispondere meglio di me. Non sto accusando nessuno, dico quel che succede.
Sembrerebbe che bisogna raggiungere la categoria di miliardario per acquisire la decenza e la disciplina necessarie per non essere mai condannato ad una pena di tale natura.
Ci sono altri dati che sono un po' duri, però devo comunque dirli.
In tutta la storia degli Stati Uniti non c'è stato un solo uomo bianco che sia stato giustiziato per stuprare una donna nera (Applausi).
Tuttavia - questo è storico -, mentre lo stupro fu considerato un crimine capitale, delle 455 persone giustiziate per stupro, 405 erano negri; vale a dire, 9 su 10.
Nello stato di Pennsylvania, ad esempio, lì dove si proclamò nel 1776 la Dichiarazione d'Indipendenza, solo il 9% della popolazione totale era afronordamericana; il 62% dei condannati a morte, cioè, una proporzione sette volte superiore, è di razza nera.
Un altro aspetto. Oltre il 90% dei 3 600 condannati a morte furono vittime, durante la loro infanzia, della violenza fisica o sessuale.
Uno studio recente di un'organizzazione non governativa indica che gli uomini neri hanno 13 volte più possibilità di essere condannati a pene più lunghe che i bianchi, quando si tratta di problemi collegati alla droga, anche se gli uomini bianchi superano in cinque volte il numero di trafficanti negli Stati Uniti.
Oltre il 60% delle donne incarcerate negli Stati Uniti sono afronordamericane o ispane.
Forse noi ispani, gli afronordamericani e di altre etnie siamo tutti lombrosiani, e commettiamo praticamente tutti i reati.
Non sto cercando di coonestare, né tanto meno, il delitto. Nemmeno sono in condizioni di conoscere con tutti i dettagli e tutto rigore come sono i procedimenti e che cosa avviene di solito. Semplicemente mi domando perché; semplicemente mi domando se siamo tutti geneticamente dei delinquenti, nel cui caso poco importa se scompare tutta l'Africa al sud del Sahara, tutti gli indios, i meticci e i bianchi dell'America Latina, e tutti gli abitanti dei paesi dei Caraibi, compresi, ovviamente, noi cubani. E' una domanda che ho il diritto di farmi. Io sono vissuto i 74 anni che voi avete ricordato. Ho avuto a che fare con molte persone in vita mia.
Sono nato nel campo come figlio di un latifondista. Mio padre era un contadino povero di origine spagnola. Era stato prima a Cuba arruolato come soldato nell'ultima guerra d'indipendenza senza essere mai andato a scuola. Finita la lotta nel 1898, fu rimpatriato al suo paese d'origine. Dopo, per volontà propria, ritornò; lavorò in quel sistema e con il tempo riuscì a raggruppare e dirigere oltre un centinaio di giornalieri immigranti come lui o cubani. Era l'epoca in cui la United Fruit Company, per sviluppare le piantagioni di canna da zucchero nella neocolonia instaurare a Cuba, tagliava e bruciava i boschi di legni pregiati, quelle con cui si costruì il famoso Palazzo El Escorial, e persino la maggior nave di guerra dell'epoca dell'Ammiraglio Nelson, affondata nella battaglia di Trafalgar. Quei legni avevano speciale prestigio, e mio padre partecipò con quei uomini che aveva ingaggiato nel taglio di boschi e di legni pregiati. Chi poteva incolpare loro?
Ebbene, riunì dei soldi e a poco a poco acquistò terre, molte terre. Arrivò a possedere circa 900 ettari di terre proprie e oltre 10 000 ettari di terre in appalto. Io nacqui e vissi in quella grande tenuta. Ebbi la fortuna di essere figlio e non nipote di latifondista; non potei acquistare mentalità e cultura di classe ricca. Essere rivoluzionario non ha alcun merito, ciò dipende da molti fattori, e tutti i miei amici erano bambini e adolescenti poveri della mia stessa età. Conobbi tutti i baracconi dei dintorni, sia quelli che erano nelle terre della mia famiglia sia quelli delle enormi piantagioni delle grande imprese nordamericane dove vivevano molti immigranti haitiani. Le loro condizioni di lavoro e di vita erano peggiori di quelle degli schiavi, e si diceva che la schiavitù era già scomparsa a Cuba sin dal 1886. Ciò non fece di me un rivoluzionario, però mi aiutò a capire più tardi le realtà e le ingiustizie sociali nel paese dove sono cresciuto.
Voglio aggiungere alcune parole alle riflessioni che stavo facendo. Voi avete menzionato alcuni minuti fa il nome di un cittadino afronordamericano recentemente giustiziato. Voi conoscete che il nostro popolo condannò con energia l'assassinio giudiziale di Shaka Sankofa per un crimine che non commise (Applausi), nonostante l'unanime rifiuto dell'opinione pubblica mondiale, e persino di molti governi del mondo.
Chiesi molta informazione a riguardo, dati dettagli. Arrivai persino a vedere una mappa, uno schizzo del luogo dove avvennero i fatti che gli imputavano. L'unica persona che disse di averlo visto, la notte, ad una distanza considerevole, con appena uno sguardo che nemmeno la più sensibile delle telecamere avrebbe potuto registrare, e altri elementi di giudizio mi convinsero della sua innocenza. Non lo dico perché qualcuno l'abbia affermato, ma perché analizzai i dati e arrivai a tale convinzione (Applausi). Analizzai persino la sua origine sociale, le condizioni di emarginazione in cui nacque, i primi problemi legali che ebbe; ho citato al nostro popolo la sua storia quale esempio dei veri fattori che contribuiscono a che un giovane, nero o bianco o di qualunque etnia, commetta un reato. Sono anche avvocato. Conosco un po' di leggi. Mi difesi io stesso quando mi processarono per l'attacco alla caserma Moncada. Più di una volta dovetti farlo da quando mi laureai come avvocato. Praticamente non avevo altro cliente (Risate).
Se non fossi arrivato a questa convinzione, sarei un volgare demagogo affermando quanto ho appena detto (Applausi).
Nel nostro paese ci fu una tavola rotonda con la partecipazione di alcune personalità internazionali; vedo qui una persona che partecipò in quella tavola rotonda.
So inoltre che voi siete impegnati da molto tempo in una lotta molto giusta, una lotta che il nostro popolo appoggia anche con risolutezza: la lotta per la libertà del giornalista Mumia Abu-Jamal, (Esclamazioni e applausi prolungati), condannato a morte, la cui ingiusta pena ha generato un gigantesco movimento di opinione in tutto il mondo.
Se andiamo oltre e analizziamo i dati storici per indagare chi furono quei cittadini bianchi giustiziati, uno su 9 afronordamericani, per stupro, furono circa 50 bianchi in totale, vedremo che, fermo restando altri fattori, era presente l'emarginazione sociale e la discriminazione razziale, e quando, come avviene nei confronti degli afronordamericani, si uniscono l'emarginazione sociale e la discriminazione razziale, decine e decine di milioni di persone subiscono orribilmente l'ingiustizia, persino coloro che non sono mai stati condannati alla pena capitale né imprigionati, perché nascono condannati all'umiliazione per tutti i giorni della loro vita.
Io sono più o meno bianco, dico più o meno bianco perché non esiste nessuna etnia pura. Ricordo che visitai gli Stati Uniti nel 1948, in novembre, mi ricordo perché coincise con quei giorni in cui Truman, nonostante le previsioni, vinse le elezioni. Avevo viaggiato a Harvard; volevo studiare economia. Avevo già idee rivoluzionarie, però volevo fornirmi di maggiori conoscenze. Quando viaggiai di ritorno da New York lo feci in una macchina poco costosa, acquistata in 200 o 300 dollari, di quelle che vendono in giro un po' più costose della scoria di ferro, e guadai seguendo le autostrade di allora fino alla Florida per proseguire dopo verso Cuba via mare in un ferry. Parecchie volte mi fermai da qualche parte per un pranzo, una cena, o per acquistare qualche cosa. Osservai disprezzo in più di un'occasione, un trattamento dispregiativo nei miei confronti semplicemente perché parlavo un'altra lingua o perché ero ispano. Ebbi la percezione che si discriminava non soltanto alcune etnie, ma anche le persone di nazionalità diversa, coloro che parlavano una lingua diversa.
Da allora solo tornai per alcuni giorni negli Stati Uniti, credo che verso la fine del 1955. Ormai risiedevo in Messico, preparavo il ritorno a Cuba. Venni a New York e visitai anche altri posti per incontrare i pochi emigranti cubani che c'erano negli Stati Uniti, perché a quel tempo non esisteva la Legge di Aggiustamento - nessuno poteva venire in una nave o in una barca- quasi non esistevano immigranti illegali. Alla fine fu la Rivoluzione quella che aprì le porte a centinaia di migliaia di persone che da molto tempo volevano emigrare e non avevano nessuna speranza.
Perciò, potremmo ricordare a quelli che odiano tanto Cuba, la Rivoluzione e me, in particolare, di ringraziare ogni tanto la Rivoluzione, perché senza la Rivoluzione non ci sarebbero tanti cubani milionari (Applausi), senza la Rivoluzione non ci sarebbe la cosiddetta Fondazione Nazionale Cubana Americana (rumori di disapprovazione), senza la Rivoluzione non ci sarebbe un numero di cubani che sono membri del Congresso degli Stati Uniti, non potrebbero promuovere leggi a favore di nessuno, non sarebbero desiderati e ambiti nelle campagne elettorali, non sarebbero soddisfatti ogni volta che chiedono qualcosa, anche se la maggior parte non vota perché, in virtù dei privilegi che venivano loro concessi gli risultava più conveniente essere cittadini cubani che nordamericani.
Quanto affermo può dimostrarsi in modo inconfutabile. Esistono statistiche a riguardo, un giorno le chiesi: quanti visti di residenza erano stati concessi, ad esempio, negli ultimi 30 anni prima del trionfo della Rivoluzione; erano cifre insignificanti nei decenni del 30 y 40, e appena 2 000 o 3 000 tra il 1950 e il 1959.
Alla fine fu la Rivoluzione quella che aprì le porte a centinaia di migliaia di persone che da molto tempo volevano emigrare e non avevano nessuna speranza.
Com'è noto, nei primi giorni di gennaio del 1959 si rifugiarono negli Stati Uniti molti criminali di guerra, malversatori e complici di Batista che avevano assassinati migliaia di cubani e avevano saccheggiato il paese. Le prime leggi rivoluzionarie riferite al recupero di beni malversati, diminuzione delle tariffe di servizi basilari, reintegrazione ai loro posti di lavoro degli operai ingiustamente licenziati durante la tirannia, riforme urbane e agrarie, e altre misure di elementare giustizia sociale, intimidirono i settori più ricchi della nostra società, che cominciarono a emigrare negli Stati Uniti.
Dal primo giorno della Rivoluzione, i visti per viaggiare negli Stati Uniti si aprirono in modo inusitato, specialmente per le persone di classe alta e media, medici e altri professionisti universitari, professori e maestri, tecnici e lavoratori qualificati, molti dei quali avevano sempre desiderato di emigrare in quel paese. L'ostilità nei confronti della Rivoluzione e il proposito di privarci del personale qualificato si rese evidente quasi d'immediato. Avevano bisogno inoltre di ex ufficiali di Batista e di personale giovane per nutrire la brigata mercenaria di assalto, un piano che nessuno conosceva allora. Tuttavia, le emigrazioni illegali verso gli Stati Uniti si autorizzarono sempre. Il furto di cervelli stimolò i colossali sforzi educativi che la Rivoluzione trionfante aveva iniziato d'immediato. Persino nei giorni di Playa Girón (Baia dei Porci NdT.) i voli tra Cuba e gli Stati Uniti si mantennero. Dopo la Crisi di Ottobre (si riferisce alla crisi dei missili atomici NdT.), le autorità nordamericane sospesero in modo subito i voli ed i visti. Decine di migliaia di famiglie rimasero divise. Invece ricevevano nel territorio nordamericano, anche prima della Legge di Aggiustamento, tutte le persone che arrivavano alle loro coste con mezzi propri o sequestrando aerei o imbarcazioni.
Dopo Camarioca (porto della provincia di Matanzas NdT.) uscirono dal paese, con autorizzazione, in modo legale, assolutamente sicuro e senza una vittima, 360 000 cubani. Tra cui, oltre ai parenti di residenti negli Stati Uniti, una grande quantità di professionisti e di maestri che potevano guadagnare negli Stati Uniti uno stipendio dieci volte superiore a quello di Cuba, operai qualificati e tecnici di industrie importanti. Si trattava in realtà di emigranti economici. Ciononostante, tutti quanti arrivavano ricevevano il nome di "rifugiati politici" o "esuli". Se applicassero tale concetto ai messicani o agli altri latinoamericani che emigrano verso gli Stati Uniti, ci sarebbero tra 12 e 15 milioni di rifugiati politici messicani (Applausi); un milione di cittadini di Haiti; un milioni di rifugiati politici dominicani; centinaia di migliaia di centroamericani sarebbero rifugiati politici, e chissà quanti portoricani (Applausi). Perché i portoricani sono patrioti, amano il loro paese. E perché viaggiarono negli Stati Uniti? Per motivi economici. E qui ci sono tanti quanti ce ne sono nella loro isola.
Si riuniscono un milione a New York, quest'anno li vedemmo difendendo la causa giusta di Vieques (Applausi). Su questo realizzammo una tavola rotonda con personalità internazionali di molto prestigio.
Queste tavole rotonde si trasmettono in TV via satellite, in lingua inglese, perché quella che si parla di più, a tutto il mondo. La nostra TV le trasmete anche via Internet. Purtroppo, forse solo l'1% degli africani accedono a Internet, bisogna parlare loro per la radio. Lo stesso succede in America Latina.
Su questo tema della comunicazione e la collaborazione con i paesi del Terzo Mondo, voglio informarvi che abbiamo creato un programma per insegnare a leggere e a scrivere per radio. Questa idea nacque un giorno quando domandai al Presidente di Niger, che era in visita a Cuba, quale era l'indice di analfabetismo nel suo paese e mi disse: 87% di analfabetismo e solo il 17% di copertura scolare. Si sta celebrando l'arrivo del prossimo secolo e del prossimo millennio, in quale secolo del terzo millennio di quel paese, che ha la stessa popolazione di Cuba, avrà eliminato l'analfabetismo?
Meditavo sul fatto che il nostro paese, con 11 milioni di abitanti come il Niger, disponeva di 250 000 professori e maestri; la stessa cosa succede con i medici, possiede l'indice più alto di maestri pro capita nel mondo. Quando si pensa in quel indice di analfabetismo e inoltre conosce che l'indice di mortalità infantile da 0 a 5 anni è in Niger di oltre 200 per ogni 1000 nati vivi, vale a dire, oltre 25 volte la mortalità infantile di Cuba, è impossibile non domandarsi: quando, quando, quando? Gli domandai: "Hanno la radio?" Rispose: "Sì, quasi tutte le famiglie hanno la radio." Dico: "Come, se non hanno elettricità?" Mi spiegò: "Sì, perché anno un impianto giapponese, che non costa troppo, con il quale loro possono avere l'elettricità necessaria per ascoltare la radio."
Suggerì che un gruppo di pedagogisti cubani studiasse la possibilità d'insegnare a leggere e scrivere per radio, partendo dall'idea di elaborare un piccolo manuale che, usando immagini di animali, piante e oggetti di conoscenza generale, permettesse d'identificare le lettere dell'alfabeto e permettesse di formare sillabe, parole, frasi e d'introdurre concetti nella lingua prescelta, attraverso trasmissioni radiali sotto la direzione di maestri specializzati. In tre mesi i nostri pedagogisti elaborarono un metodo che, sottoposto a esame nella lingua creole, ad Haiti, con 3 000 persone. Un corso di alfabetizzazione attraverso la televisione sarebbe molto semplice, però l'accesso a tale mezzo è impossibile per la maggioranza degli analfabeti del mondo. I nostri specialisti in pedagogia, che hanno fatto, hanno seguito e hanno diretto l'esperimento, sono meravigliati. E' già stato elaborato il programma in francese, portoghese e creole.
Dopo, si può offrire un'altra cooperazione al Terzo Mondo per insegnare a leggere e scrivere a centinaia di milioni di persone con un costo veramente infimo (Applausi). Già basta di continuare a parlare sull'esistenza di 800 milioni di adulti analfabeti, se con l'uso della radio, che non è Internet, né televisione né tanto meno, si può arrivare ad insegnare a leggere e scrivere a centinaia di milioni di persone.
Nessuno immagina quanto umiliato si sente un uomo che non sappia leggere e scrivere. Mi ricordo con frequenza di mia madre e mio padre che appena sapevano leggere e scrivere, sono testimone di quanto soffrivano. Lo so. Ciò spiega la sete di conoscenza che vedo nel nostro popolo. Persino avendo raggiunto 10 classi, 12 classi hanno una insaziabile sete di conoscere altre cose; lo abbiamo scoperto e in virtù di ciò abbiamo preparato determinati programmi -ho la speranza che un giorno voi li conosciate- che sono semplicemente sorprendenti, alla ricerca di una cultura generale e integrale massiva. Insegneremo persino altre lingue.
Vi anticiperò qualcosa: è già cominciato il corso scolastico a Cuba. Le nostre scuole hanno in questo momento, a partire dalla battaglia per il ritorno di Elián e dalla sorpresa che ci causò il talento dei nostri bambini, un televisore a colore di 20 pollici per ogni 100 allievi dei nostri 2 400 000 studenti delle elementari, le medie e del livello medio superiore, ad un costo di 4,6 milioni di dollari (Applausi); 15 000 video ad un costo di 1,5 milioni di dollari. Quindi, ormai si usano pienamente nel nostro sistema scolastico i mezzi massicci per appoggiare i nostri 250 000 e più maestri e professori.
E' sufficiente dire che in ottobre ci sarà dalle ore 07:00 alle 09:00 un corso di tecniche narrative elaborato da uno dei più capaci intellettuali del nostro paese, e a partire dal 1° novembre, dalle ore 07:00 alle 09:00 ci sarà un corso di linguaggio con tre frequenze settimanali. Semplicemente, una grande parte della nostra popolazione non ricorda le regole della grammatica che studiò molto tempo fa. Io dico scherzando che non parliamo spagnolo, ma un dialetto.
Bene, tre frequenze di spagnolo e sorprendetevi, due frequenze d'inglese! Noi consideriamo l'inglese una lingua universale: secoli di colonialismo britannico e circa 100 anni di - chiamiamolo con eleganza- enorme influenza nordamericana, lo hanno fatto diventare una lingua universale; è diffuso, però non brevettato, lo useremo.
Quasi tutti i libri scientifici e letterari, prima vengono pubblicati in inglese. Me ne regalano molti, e sono in inglese.
Vogliamo massificare la conoscenza dell'inglese, ormai stanno preparando i corsi da trasmettere per televisione. Molti delle migliaia di maestri lo guarderanno, o lo registreranno e lo guarderanno nella stessa scuola, non dovranno nemmeno spostarsi.
Immediatamente dopo offriremo dei corsi simili in lingua francese. La nostra aspirazione è che tutti i nostri cittadini o l'immensa maggioranza, secondo le loro età, conoscano tre lingue: spagnolo, inglese e francese (Applausi), con un costo minimo: le spese per l'elettricità necessaria alle trasmissioni e quelle per i materiali stampati che invieremo a tutti coloro che riceveranno direttamente il corso, o ai cittadini che lo richiedano. In questo ultimo caso dovranno pagare soltanto il costo di produzione e spedizione o distribuzione. Questi sono i corsi per tutti coloro che desiderino utilizzarli e intendiamo promuoverli.
Penso che il fatto di raccontare a voi questa idea sarà motivo di soddisfazione a molti compatrioti, praticamente a tutti.
Un giorno domandai al Ministro (si riferisce al Ministro dell'Istruzione NdT.): "Quanti professori ti mancano nella scuola media?" E rispose: "Due mila". Gli rispose: "Ti avanzano". E non è che pensiamo di ridurre la quantità di professori nella scuola media o di laureati in educazione elementare, anzi, non verrà eliminato nemmeno un posto di maestro, si aumenterà la quantità di maestri per ridurre il numero di allievi in ogni classe. Questa battaglia è già in atto per elevare la qualità dell'educazione. Però metteremo i mass media, la nostra televisione, che non ha pubblicità, al servizio dell'istruzione e di una cultura generale integrale massiva (Applausi).
Penso che il nostro paese è entrato in una tappa assolutamente nuova. Non dico altro (Applausi).
Mi sono dilungato. Non ho mantenuto la mia parola (Applausi). Utilizzerò soltanto alcuni brevi minuti addizionali.
Vi ho promesso che prima di concludere vi parlerei di due cose: prima, sul bambino. Elián sta meravigliosamente, benissimo (Applausi), non potete immaginare quanto è felice il bambino, intelligente e serio, è straordinario in realtà. Non è stato ricevuto dalla folla - come abbiamo detto- , al ricevimento andarono solo i compagni della sua scuola e i parenti più vicini. Nessuno di noi, nessun dirigente del Partito o dello Stato era lì. Per sei minuti la famiglia salutò coloro che erano al ricevimento e d'immediato partì con Elián dall'aeroporto. Non perse lezioni nemmeno il giorno che partì dagli Stati Uniti. In due mesi, con la sua famiglia, la sua maestra e i suoi compagni di classe, aveva progredito parecchio negli studi, e dopo, a Cuba, dal 29 giugno fino al 28 luglio, ricevette - insieme ai compagni di classe che erano qui- lezioni intensive, gli mancavano solo alcuni suoni. Approvò gli esami con tutti gli altri bambini e passò alla seconda classe elementare.
Il padre insisteva in farmelo conoscere. Io gli dissi: "Aspetterò alla fine del corso." E quando concluse il corso, con molta discrezione, lo incontrai e lo salutai.
Il nostro problema adesso è che fare perché il bambino che tutti conoscono segua i corsi normalmente e abbia una vita normale. Noi contiamo sull'appoggio di tutta la popolazione, sulla cospirazione di tutto il popolo: quando va a scuola, che non si avvicinino, che non gridino i moti e le divise; trattarlo come a tutti gli altri bambini. Soltanto poche volte si è visto alla TV perché la popolazione lo chiede. Non è mai stata fatta una domanda diretta al bambino, si è fotografato con la famiglia, si sono viste immagini di questo tipo, e riprese molto brevi. Abbiamo avuto massima cura.
Il 1° settembre è già cominciato il nuovo corso, continua a vivere nella stessa casa modesta dove abitava; studia nella stessa scuola di prima; ha le stesse maestre perché esse ruotano fino alla quarta classe, quella che fu con lui a Wye Plantation e l'altra maestra che non lasciarono venire; sono con lui anche gli stessi compagni della prima classe. E suo padre verso la metà del mese in corso comincerà a lavorare nello stesso modesto centro di lavoro di prima, che è ciò che vuole. Tutti reclamano una loro visita. Perché non è soltanto il bambino, anche il padre acquisì un enorme prestigio nel paese. Resistette tutto, persino quando cercarono di comprarlo utilizzando il figlio, con la promessa di consegnarglielo se rimaneva negli Stati Uniti, gli offrirono cifre milionarie, e non vacillò nemmeno un secondo (Applausi). Mi sembra un buon esempio. Non voglio dilungarmi nei dettagli, vi invieremo dei materiali, e così risparmio tempo, ma voi sarete informati riguardo il bambino.
Si segui il criterio adeguato secondo cui questo bambino deve ricevere un'ottima educazione; non avremmo vinto niente se il bambino ritorna e non è in realtà un bravo studente e un buon cittadino. Loro sono (si riferisce al bambino e alla sua famiglia NdT.) un esempio per il nostro popolo e, in certo modo, anche per molti milioni di persone al mondo.
Il nostro popolo non dimenticherà mai e ringrazierà sempre voi, che tanto vi siete preoccupati, i legislatori che parlarono qui e gli altri che tanto lottarono; il Consiglio delle Chiese, le diverse chiese che con la massima onestà difesero una causa tanto giusta.
Devo dire anche che, nello stesso modo, il nostro popolo non dimenticherà mai né smetterà mai di ringraziare il popolo nordamericano, che in modo massivo appoggiò i legittimi diritti del padre e del bambino (Applausi). Ancora una volta mi sono detto: Il popolo nordamericano è molto idealista. Perché appoggi una causa ingiusta devono essere ingannati prima; bisogna farli credere, come in Viet Nam e in altri luoghi, che ciò è giusto. In questo caso, conobbe la verità per un insieme di fattori, e specialmente per l'azione dei mass media che divulgarono le immagini di 400 000 madri marciando, centinaia di migliaia di bambini marciando, un milione di persone marciando in una lotta che si mantenne durante sette mesi e che continua oggi contro la Legge di Aggiustamento, per le vittime che provoca; contro La Legge Torricelli, la Legge Helms Burton, contro il blocco e la guerra economica; infine, per il rispetto e la pace per il nostro paese. Questo l'abbiamo giurato lì, in Baraguá, dove ebbe luogo la storica protesta di Antonio Maceo, e per questi obiettivi lottiamo oggi.
Quando il popolo nordamericano conobbe la verità, appoggiò il bambino i la sua famiglia, in quantità che raggiunse cifre superiori all'80% e che nella popolazione afronordamericana raggiunse, nel momento più importante e decisivo, il 92% (Applausi). Questo il nostro popolo non può dimenticarlo mai.
Non ho la pretesa di presentare la nostra patria come un modello perfetto di uguaglianza e giustizia. Credevamo all'inizio che se stabilivamo la più assoluta uguaglianza di fronte alla legge e l'assoluta intolleranza contro tutte le manifestazioni di discriminazione sessuale, come nel caso della donna, o razziale, come nel caso delle minoranze etniche, esse scomparirebbero dalla nostra società. Ci prenderebbe del tempo scoprire, e ve lo dico così com'è, che la emarginazione, e con essa la discriminazione razziale, di fatto è qualcosa che non si sopprime con una legge, nemmeno con dieci leggi, ancora dopo 40 anni noi non siamo riusciti a sopprimerla totalmente.
Non ci sarà mai un caso di applicazione di giustizia con criteri etnici; però scoprimmo che i discendenti degli schiavi, quelli che abitavano nei baracconi, erano i più poveri e continuarono vivendo, dopo l'ipotetica soppressione della schiavitù, nei luoghi più poveri.
Ci zone emarginate, ci sono centinaia di migliaia di persone che vivono in zone emarginate, però non soltanto neri e meticci, ci sono anche bianchi. C'è emarginazione bianca che procede dalla società precedente. E io vi dicevo che il nostro paese una nuova epoca. Spero un giorno poter parlarvi delle cose che oggi stiamo facendo e su come continueremo a farle.
Soldi per costruire le abitazioni dove vivono tutte le persone che possiamo dire abitano in condizioni di emarginazione, non li abbiamo, però abbiamo altrettante idee, che non aspetteranno fino alle calende greche, con le quali il nostro popolo, unito e integramente giusto, farà scomparire fino all’ultimo resto di emarginazione e discriminazione di qualunque tipo. Ed ho fiducia assoluta che raggiungeremo ciò, perché a quello è dedicata oggi la direzione della nostra gioventù, dei nostri studenti e del nostro popolo.
Non aggiungo altro, semplicemente vi dico che siamo consapevoli che nel nostro paese esiste ancora emarginazione; però c'è una volontà decisa e assoluta di porle fine, attraverso i metodi con cui deve eseguirsi tale compito, e perché ci sia ogni giorno più unione e uguaglianza nel nostro popolo (Applausi).
In nome della nostra patria ve lo prometto, e vi informeremo sui risultati dei nostri sforzi.
Quando ci visitarono i nordamericani e ci parlarono del problema dei due casi che menzionai, Sankofa e Mumia, loro mi offrirono vasta informazione sulle loro vite e sull'ingiustizia commessa contro loro. Le tavole rotonde contribuirono molto a prendere coscienza sulla gravità di quanto stava avvenendo. Non è una vergogna essere povero, non è una vergogna lo sbaglio che possa commettere alcun giovane da bambino o da adolescente, la vergogna è che in questo secolo che comincia, con tutti i progressi tecnici, quando l'uomo pretende perfino di abitare il pianeta Marte, ci siano bambini, adolescenti e cittadini nel nostro pianeta vivendo in emarginazione (Applausi), e in molti paesi, oltre emarginati, vengono discriminati.
Questo è l'ultima cosa che vi dico, manca solo questa pagina per spiegarvi una notizia che si pubblicò oggi, di cui parlò il pastore di questa chiesa e parlò di un segno. Mi sembrò incredibile che la cosa più semplice del mondo fosse diventata una grande notizia. Io pensavo che la grande notizia doveva essere ciò che sta accadendo nel mondo, i temi che si discussero nel Vertice delle Nazioni Unite, quanto dobbiamo fare per salvare la specie umana, non soltanto d'Africa. Se continuiamo così, con quei modelli di consumo che conducono alla distruzione dei mezzi naturali della vita, dell'atmosfera, alla scarsità e all'inquinamento dell'acqua potabile e dei mari, ai cambiamenti del clima, ai disastri naturali, alla povertà, alle differenze abissali e crescenti tra i paesi e dentro i paesi, si può affermare con precisione matematica che l'ordine economico e sociale che oggi esiste nel mondo è insostenibile. Tendo a pensare che questi temi sono veramente importanti. Mi meravigliai quando seppi che la grande notizia, quasi uno scandalo, fu un fatto che avvenne ieri in modo assolutamente fortuito nelle Nazioni Unite. Prima di venire qui fui costretto a scrivere una breve nota per chiarire quanto successo. L'intitolai "Il saluto a Clinton" e dice così:
"Finito il pranzo offerto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, dopo la chiusura della seduta inaugurale del Vertice del Millennio, ci fu indicato a tutti di trasferirci ad un altro locale per la fotografia ufficiale. Mentre camminavamo verso quel luogo, quasi in fila, ad uno ad uno, lungo lo stretto corridoio che si aprì tra i numerosi tavoli. Appena quattro metri più avanti vedo Clinton salutando alcuni Capi di Stato che passavano da lì. Per cortesia il Presidente stringeva la mano ad ognuno di essi. Io non potevo fuggire di corsa per evitare di passare da quel punto" - anzi, non c'era altro posto dove correre- (Risate); "nemmeno lui poteva farlo. Sarebbe stato una vergognosa vigliaccheria di entrambi. Continuai dietro gli altri. In due minuti circa arrivai al punto dove dovevo passare di fronte a lui. Come gli altri mi fermai alcuni secondi, e con molta dignità e cortesia lo salutai (Applausi); lui fece esattamente lo stesso, e io continuai avanti. Sarebbe stato stravagante e grossolano fare un'altra cosa. Tutto durò meno di 20 secondi.
"Il semplice dettaglio si conobbe presto. Molti organi stampa diffusero il fatto in tono amabile. Decine di rumori si sparsero d'immediato. Alcuni portavoce ufficiali non bene informati raccontarono versioni diverse.
"La mafia di Miami" - non mi riferisco, né tanto meno, ai tanti bravi cubani che ci sono a Miami-" diventò isterica. Secondo loro il Presidente aveva commesso un grande crimine. A tali estremi arriva il loro fondamentalismo.
"Da parte mia sono soddisfatto del mio comportamento rispettoso e civile nei confronti del Presidente del paese che è stato anfitrione del Vertice" (Applausi).
Oggi, ancora altri rumori, notizie ufficiali affermando che io mi diressi verso il luogo dov'era il Presidente. Niente di questo è necessario. Tutti sanno che mai un cubano degno implora un saluto o un onore.
Ho finito. Chiedo scusa per l'estensione delle mie parole.
Grazie (Applausi)