Discorso pronunciato dal Dott. Fidel Castro Ruiz, Presidente del Consiglio di Stato e dei Ministri della Repubblica di Cuba, nella sessione solenne dell’Assemblea Nazionale, nel Palazzo Federale Legislativo, Caracas, Repubblica Bolivariana del Venezuela, il 27 ottobre 2000.
Data:
Eccellentissimo Signor Hugo Chávez Frías, Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela,
Eccellentissimo Signor Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela,
Eccellentissimo Signor Presidente del Tribunale Supremo di Giustizia,
Eccellentissimo Signor Presidente e altri membri del Consiglio Morale Repubblicano,
Eccellentissimo Signor Presidente del Consiglio Nazionale Elettorale,
Eccellentissimi Signori Ambasciatori; onorevoli incaricati di affari e rappresentanti degli organismi internazionali accreditati nel paese,
Onorevoli deputati e deputate dell’Assemblea Nazionale,
Alte autorità ecclesiastiche e militari,
Signori e signore,
Venezuelani,
Non vengo qui per stabilire un dovere protocollare o perché la tradizione stabilisca la norma che un invitato ufficiale visiti il Parlamento; non appartengo a quella categoria di uomini che cercano onori, sollecitano privilegi o si lasciano attirare dalle vanità. Quando visito un paese, e in special modo se si tratta di un popolo fratello tanto amato come quello del Venezuela, compio i desideri di coloro che considero che lo rappresentano con grande dignità e coraggio.
Mi dispiace molto che la sola idea della mia presenza nel Parlamento del Venezuela, inclusa nel programma degli anfitrioni, fosse motivo di disgusto per alcuni dei suoi illustri membri. Vi chiedo scusa.
Debbo essere cortese, però non userò un linguaggio eccessivamente raffinato, diplomatico e pieno di arzigogoli. Parlerò con parole apertamente franche e sinceramente oneste.
Non è la prima volta che visito il Parlamento venezuelano; lo feci più di 41 anni fa. Però sarebbe sbagliato dire che ritorno ad una stessa istituzione, o che quello che vi ritorna è lo stesso invitato di allora. La cosa più vicina alla realtà è che ritorna un uomo diverso in un Parlamento differente.
Di me non ho alcun merito da accreditare, né scuse da chiedere. Solo che allora avevo 32 anni e venivo carico di tutta l’inesperienza di chi, con l’aiuto della sorte, era sopravvisuto a molti rischi. Aver fortuna non vuol dire avere meriti. Albergare sogni ed ideali è molto comune negli esseri umani; pochi sono, per altro, quelli che hanno l’insolito privilegio di vedere alcuni di questi sogni realizzati, ma non per questo ottengono il diritto ad alcun vanto. Quel Parlamento, con cui ebbi l’onore di riunirmi tanto tempo fa, albergava anche illusioni e speranze. Mesi prima c’era stato un sollevamento vittorioso del popolo. Tutto è cambiato da allora. Quelle illusioni e speranze si trasformarono in cenere. Sopra quelle ceneri sorsero le nuove speranze e si alzó questo nuovo Parlamento. Come in tutte le epoche della storia, gli uomini sognano ed avranno sempre il diritto a sognare. Il gran miracolo consiste nel fatto che, alcune volte, le speranze ed i sogni di questo popolo nobile ed eroico si trasformino in realtà.
Io, come in molti di voi, albergo questi sogni; parto dall’idea che, alla fine degli ultimi quattro decenni, in Venezuela sono successi fatti straordinari: venezuelani che, in altri periodi, lottavano tra loro si trasformarono in alleati rivoluzionari; guerriglieri si trasformarono in illustri politici; soldati diventarono audaci statisti che innalzano le bandiere che un giorno riempirono di gloria questo paese.
Non spetta a me giudicare quelli che dalla sinistra passarono alla destra, né molti di coloro che, partendo a volte da un onesto conservatorismo, terminarono saccheggiando ed ingannando il popolo. Non è il mio proposito, né posso attribuirmi il diritto di trasformarmi nel giudice dei personaggi del dramma vissuto da voi. Tutti noi uomini, siamo effimeri e quasi sempre sbagliamo, perfino coloro che lo fanno in buona fede. Desidero solo far uso del diritto che Martí legò ai cubani: sentire un’enorme ammirazione per il Venezuela e per colui che fu il più grande sognatore e statista del nostro emisfero, Simón Bolívar (1783-1830, nota del traduttore). Egli fu capace di immaginare e lottare per un’America latinoamericana, indipendente ed unita. Non fu mai pro-colonialista né monarchico, neppure nei tempi in cui si crearono le Giunte Patriottiche, come atto di ribellione contro l’imposizione di un re straniero nel trono spagnolo, come lo dimostrò il Giuramento del Monte Sacro. Quasi fin dall’adolescenza era un convinto partitario dell’indipendenza, già dal 1805 (Simón Bolívar aveva 22 anni, nota del traduttore).Liberò con la sua spada la metà del Sud America, e garantì l’indipendenza del resto del sud e del Centroamerica, nella storica battaglia di Ayacucho, con le sue truppe di invincibili partigiani e soldati valorosi della Gran Colombia, da lui creata, sotto il comando dell’immortale Sucre (Antonio Josè de Sucre, aiutante militare di Simón Bolívar n.d.t.). Allora gli Stati Uniti erano, come tutti sappiamo, un gruppo di colonie inglesi da poco liberate, in piena espansione, sulle quali il geniale capo venezuelano seppe profetizzare, in un’epoca così lontana, ".....sembrano destinati dalla Provvidenza ad infestare l’America di miserie nel nome della libertà."
Comprendo perfettamente le diversità di interessi e di criteri che esistono, inevitabilmente, oggi nel Venezuela.
Si racconta che Napoleone, nella sua campagna d’Egitto, abbia detto, arringando le sue truppe prima della battaglia delle Piramidi:"Soldati, dall’alto di queste piramidi vi guardano quaranta secoli."
Come visitatore che ha ricevuto l’immenso onore di essere invitato a parlarvi, oserei dirvi, con la maggior modestia: Fratelli venezuelani, da questa tribuna, 41 anni e 10 mesi di esperienza nella lotta senza riposo di fronte alle ostilità e alle aggressioni della potenza più forte mai esistita sulla Terra, guardano, ammirano e condividono la dura e difficile battaglia che voi, ispirati in Bolívar, portate avanti oggi.
Per ciò che riguardano le relazioni tra Cuba e Venezuela, si è utilizzato molto il perfido argomento che in Venezuela si pretende introdurre il modello rivoluzionario di Cuba. Tanto si è detto e tanto si è parlato di questo alla vigilia del referendum che avrebbe approvato o meno il progetto della nuova Costituzione venezuelana, che mi sono visto nella necessità di invitare un gruppo di noti giornalisti venezuelani che, in rappresentanza di importanti organi della stampa televisiva, radiofonica e scritta, ci hanno fatto l’onore di visitarci. Coloro che coinvolgevano cinicamente Cuba presentandola come un diabolico fantasma, come l’ hanno disegnata le volgari menzogne dell’imperialismo, ci davano il diritto di realizzare questo incontro.
In una notte insonne, come non lo facevo dai tempi febbrili della mia epoca di studente che stava terminando il suo corso, lessi e sottolineai i concetti essenziali di quel progetto e li comparai con quelli della nostra Carta Magna. Con la Costituzione di Cuba in una mano e nell’altra il progetto del Venezuela, mostrai le profonde differenze tra una e l’altra concezione rivoluzionaria. Dico rivoluzionaria perché ambedue lo sono: ambedue pretendono una vita nuova per i propri popoli; desiderano cambiamenti radicali; anelano giustizia; aspirano alla stretta unione dei popoli dell’America che definì Martì quando disse: "Che cosa si potrebbe dire di più, e che non è nemmeno necessario dire! Che dal Bravo alla Patagonia non esiste che un solo popolo!" Ambedue lottano con fermezza per preservare la sovranità, l’indipendenza e l’identità culturale di ognuno dei nostri popoli.
La nostra Costituzione si basa essenzialmente nella proprietà sociale dei mezzi di produzione, la programmazione dello sviluppo; la partecipazione attiva, organizzata e di massa di tutti i cittadini nell’azione politica e nella costruzione di una nuova società; l’unità stretta di tutto il popolo sotto la direzione di un partito che garantisce norme e principi, che però non nomina né elegge i rappresentanti del popolo negli organi del potere dello Stato, compito che spetta per intero ai cittadini attraverso le loro organizzazioni di massa e dei meccanismi legali stabiliti. La Costituzione venezuelana si appoggia sullo schema di un’economia di mercato e la proprietà privata riceve le più ampie garanzie. I famosi "tre poteri di Montesquieu (legislativo, esecutivo, giudiziario n.d.t.) che si proclamano come pilastri fondamentali della tradizionale democrazia borghese, sono complementati con nuove istituzioni e forze per garantire l’equilibrio nella direzione politica della società. Il sistema pluripartitista resta stabilito come un elemento di base. Bisognerebbe essere ignoranti per incontrare alcune somiglianze tra entrambe le Costituzioni.
In quella riunione con i giornalisti venezuelani, denunciai i primi movimenti della mafia terrorista cubana-americana per assassinare il Presidente del Venezuela. Quei gangsters credevano, a loro modo, che il Venezuela sarebbe diventato una nuova Cuba.
Alla fine di luglio di quest’anno, a pochi giorni dalle ultime elezioni, un’altra menzogna colossale cominciò a circolare dal Venezuela attraverso i mezzi di stampa nazionali ed internazionali. Le connessioni venezuelane della Fondazione Nazionale Cubana-Americana avevano contribuito a ordire la congiura: "Disertore cubano denuncia la presenza nel Venezuela di 1500 membri dei Servizi Segreti di Cuba, infiltrati nelle strade e caserme....." Si aggiungono un sacco di supposti dettagli. L’infame campagna alla vigilia delle elezioni presidenziali si pianificò in tal modo che alti funzionari del governo parlarono delle menzogne "del disertore cubano". Cioè davano per certo l’ ipotetica diserzione di un ufficiale del Servizio Segreto Cubano. Tale disertore non è mai esistito. Si trattava di un semplice sfacendato uscito da Cuba in tempi passati, che viveva della bugia. Chiedeva asilo e protezione. I cospiratori avevano cinque o sei (individui n.d.t.) più svegli per ripetere la storia e lo scandalo giorno per giorno, mediante lo stesso meccanismo, fino alla data dei comizi.
Un’altra volta Cuba coinvolta nella campagna elettorale del Venezuela, di nuovo la necessità di parlare alla stampa di questo paese fratello. La denuncia ed il rapido smantellamento della truculenta storia fecero in briciole la calunnia.
In questa occasione, informai sugli abbondanti fondi provenienti da Miami per sovvenzionare le spese della campagna contro l’elezione del presidente Chávez. Offrii dati esatti e alcuni nomi che risultava imprescendibile divulgare. Ovviamente, tutti negarono. Uno di loro, con una certa fama di illustre e capace funzionario dei tempi passati, giurò che era assolutamente falso il ruolo che gli si attribuiva. Non volli ritirare ciò che affermai, anche se avevo ed ho in mio potere i dati precisi del luogo in cui si riunirono, dove gli diedero mezzo milione di dollari, chi fu che lo trasferì nel Venezuela e chi fece arrivare il denaro ai destinatari. Non desideravo rimuovere quello sporco e ripugnante tema. Non era nemmeno necessario. I cospiratori erano stati schiacciati dalla votazione popolare del 30 luglio. L’informazione restava come riserva, nel caso fosse neccessario utilizzarla in un’occasione posteriore.
Cuba continua ad essere utilizzata ai fini di politica interna in Venezuela, né smettono di usarla per attaccare Chávez, incontestabile ed eminente leader bolivariano, la cui attività e prestigio oltrepassano già le frontiere della sua Patria.
Sono suo amico, e ne sono orgoglioso. Ammiro il suo coraggio, la sua onestà e la sua chiara visione dei problemi del mondo attuale, e il ruolo straordinario che il Venezuela è chiamato a svolgere nell’unità latinoamericana e nella lotta dei paesi del Terzo Mondo. Non lo dico ora che è Presidente del Venezuela. Profetizzai chi era quando ancora stava in prigione. Appena alcuni mesi dopo essere stato liberato, lo invitai a Cuba con tutti gli onori, affrontando anche il rischio che coloro che allora erano padroni del potere venezuelano rompessero le relazioni con noi. Lo presentai agli studenti universitari, parlò nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana, conquistò lì grandi simpatie.
Con la sua fulminante vittoria popolare 4 anni dopo - senza un centesimo, senza le abbondanti risorse delle vecchie combriccole politiche le cui campagne erano sovvenzionate con somme favolose rubate al popolo - contando solo sulla forza delle sue idee, sulla capacità di trasmetterle al popolo e con l’appoggio di piccole organizzazioni delle forze più progressiste, schiacciò i suoi avversari. Sorse così una straordinaria opportunità, non solo per il suo paese, ma anche per il nostro emisfero.
Non gli ho mai chiesto niente. Non chiesi mai che la mia Patria, criminalmente bloccata da più di 40 anni, fosse inclusa nel Patto di San José; al contrario, gli ofrii sempre la modesta cooperazione di Cuba in qualunque area nella quale potesse essere utile al Venezuela. L’iniziativa fu totalmente sua. La conobbi per la prima volta quando ne parlò pubblicamente, in un Vertice dell’Associazione degli Stati dei Caraibi che ebbe luogo nella Repubblica Dominicana nell’aprile del 1999. Espresse anche il suo desiderio che vi fossero inclusi vari paesi dei Caraibi che non erano favoriti da quell’accordo. Egli è stato il trait d’union tra Latinoamerica e i degni popoli caraibici, a partire dalla sua profonda identificazione con il pensiero di Bolívar.
Sono consapevole che la mia visita in Venezuela è stata oggetto di velenose campagne di ogni tipo. Al Presidente Chávez lo si accusa di voler regalarci il petrolio; che l’Accordo di Caracas è un semplice pretesto per aiutare Cuba. Se così fosse meriterebbe un monumento alto come l’Everest, perché Cuba fu isolata, tradita e bloccata, ad eccezione del Messico, da tutti i governi di questo emisfero sottomessi agli Stati Uniti, compreso quello del Venezuela, governato allora dal primo presidente costituzionale dopo il sollevamento popolare del 23 gennaio 1958 e della creazione della Giunta Patriottica che presiedette le elezioni realizzate nello stesso anno. Il nostro popolo, con blocchi, guerra sporca, invasioni mercenarie e minacce di attacchi diretti, difese con onore la sua Patria, la prima trincea d’America, come la vide Martí quando, alla vigilia della sua morte in combattimento, confessò che tutto quello che aveva fatto lungo la sua feconda vita era per ".....impedire in tempo, con l’indipendenza di Cuba, che gli Stati Uniti si estendano per le Antille e si abbattano, con questa forza, sopra le nostre terre d’America."
Nessuno di coloro che in Venezuela imputano a Chávez quelle intenzioni, ha portato avanti alcuna battaglia contro il tentativo genocida di uccidere, per fame o per malattie, il popolo cubano. Dimenticano che quando i prezzi del petrolio erano eccessivamente bassi e la situazione economica del Venezuela era critica, Chávez rivitalizzò e rese dinamica l’OPEP, le cui misure, in meno di due anni, triplicarono i prezzi.
E’ vero che il prezzo attuale, perfettamente sopportabile dai paesi industrializzati e ricchi, colpisce duramente, in modo maggiore o minore, più di cento paesi del Terzo Mondo, mentre le entrate del Venezuela e di altri paesi petroliferi sono aumentati considerevolmente.Questo è qualcosa che Chávez, da parte sua, cercò di compensare con l’Accordo di Caracas che, come voi sapete, offre facilità ad un gruppo di paesi dei Caraibi e del Centroamerica per pagare a credito una parte del prezzo, con un minimo interesse e a rate prolungate. Un buon esempio che dovrebbero prendere in considerazione altri esportatori di petrolio.
Quelli che lo accusano per questa azione intelligente e giusta, che impegna solo una piccola parte delle entrate che riceve il Venezuela con gli attuali prezzi, reagiscono in modo estremamente egoista e miope. Non tengono conto, per niente, che l’OPEP, senza l’appoggio del Terzo Mondo, non sarebbe in condizione di resistere per molto tempo alle enormi pressioni dei paesi industrializzati e ricchi, tormentati fondamentalmente dall’incremento dei prezzi della benzina per le loro migliaia di milioni di automobili e di veicoli motorizzati.
Non gli tolgono il sonno, l’ambiente e le difficoltà economiche dei paesi più poveri.
D’altra parte si pretende anche ignorare che il nostro paese ha resistito, con singolare stoicismo e ferrea volontà di lotta, dieci anni terribili di periodo speciale. Perdendo i suoi mercati e le fonti di somministrazione di ogni tipo, la nostra Patria realizzò la prodezza non solo di sopravvivere, ma anche di contare oggi su più medici, maestri, professori, tecnici di educazione fisica e sport pro capite maggiore di nessun altro paese al mondo, e di avere altri indici di carattere sociale e umano che sono superiori a quelli di molti paesi industrializzati e ricchi. Il suo sviluppo sociale è esempio per molti, motivo di odio e rabbia della superpotenza egemone e dimostrazione inequivocabile di quello che può raggiungere un popolo unito e rivoluzionario con piccole risorse.
I nemici e calunniatori sembrano ignorare anche che Cuba eleva in modo accelerato la sua produzione petrolifera e, in un periodo di tempo relativamente breve, sarà autosufficiente nel petrolio e nel gas. La cooperazione che riceverà dal Venezuela nel campo energetico, fornendo tecnologie avanzate per una maggior estrazione ed uso del nostro petrolio, sarà di per sé un’inestimabile aiuto, ed il combustibile che si somministra nelle condizioni che si stabiliscono negli accordi che firmeremo a partire dai principi dell’Accordo di Caracas, sarà rigorosamente pagato in moneta convertibile e in beni e in servizi che saranno, senza dubbio, di straordinario valore per il popolo venezuelano.
La nostra cooperazione con il Venezuela si ispira in ideali che vanno molto più in là del semplice interscambio commerciale tra due paesi. Sono comuni la nostra coscienza della necesità di unione dei popoli latinoamericani e caraibici, e della lotta per un ordine economico mondiale più giusto per tutti i popoli. Non si tratta di un accordo scritto, ma di obiettivi che scaturiscono dalla nostra azione nelle Nazioni Unite, nel Gruppo dei 77, nel Movimento dei Paesi non Allineati ed d’altre importanti sedi internazionali.
Nella politica internazionale di ciascuno dei due paesi, la comunità di propositi si esprime in modo eloquente nel rifiuto della politica neoliberale e nella posizione di lottare per lo sviluppo economico e per la giustizia sociale.
Quelli che tanto si impegnano a mentire, a calunniare e a cospirare contro le esemplari relazioni tra ambedue i paesi, a ostacolare la visita ufficiale della delegazione cubana e distorcere il senso della cooperazione economica tra i due paesi, dovrebbero spiegare al popolo venezuelano perché in un paese con tante ed enormi risorse con un popolo laborioso ed intelligente, la povertà raggiunge il favoloso indice di quasi l’80 % della popolazione.
Vorrei citare solo alcuni disastrosi esempi:
Secondo fonti della CEPAL e della Comunità Andina, i settori poveri, che fino ad una decina di anni fa concentravano il 70 % della popolazione, otto anni dopo si elevavano a più del 77 %; tra questi, la povertà passò dal 30 % al 38 %. La disoccupazione si incrementò al 15,4 % ed il lavoro precario del settore informale raggiunse il 52 % della forza lavoro.
Cifre anteriori ufficiali, indicavano indici di analfabetismo sotto il 10 %. Fonti ufficiali del Ministero di Educazione venezuelano calcolano che l’analfabetismo reale raggiunge oggi il 20 % della popolazione.
Il 50 % dei giovani interrompe gli studi per ragioni economiche; un 11 % dovuto al rendimento scolare; un 9 % per mancanza di opportunità. Questi dati sommano un 70 % dei giovani studenti colpiti.
Solo negli ultimi 21 anni furono espatriati dal Venezuela 100 000 milioni di dollari, una vera emorragia di risorse finanziarie venezuelane indispensabili per lo sviluppo economico e sociale del paese.
Pesano le cifre procedenti da varie fonti e non sempre coincidenti. É impossibile elencare tutte le calamità che ha ereditato la Rivoluzione Bolivariana. Esiste, tra l’ altro, una di ineludibile menzione, che può renderle evidenti in modo quasi matematico: quella riferita alla mortalità infantile, tema altamente sensibile, di carattere umano e sociale.
I dati dell’UNICEF indicano che nel 1998 la mortalità infantile tra i bambini minori di un anno, raggiungeva in Venezuela la cifra del 21,4 % per ogni 1000 nati vivi; la cifra si eleva a 25 se si includono anche i bambini morti prima di compiere il 5º anno di vita. Quanti bambini venezuelani sarebbero sopravvissuti se, a partire dal processo politico iniziato nel 1959 in Venezuela, quasi simultaneamente con la Rivoluzione Cubana, si fosse ridotta la mortalità infantile al ritmo ed ai livelli raggiunti da Cuba, che ha potuto ridurla, da circa il 60 %, a 6,4 % nel primo anno di vita, e da 70 % a 8,3 % in bambini da zero a cinque anni? I dati dicono che in questo periodo di 40 anni, tra il 1959 e il 1999, morirono in Venezuela 365 510 bimbi che avrebbero potuto salvarsi. A Cuba, con una popolazione che nel 1959 non raggiungeva i 7 milioni di abitanti, la Rivoluzione ha salvato la vita di cento mila bambini grazie alla riduzione degli indici di mortalità infantile, che oggi si trovano al di sotto di quelli degli Stati Uniti, il paese più ricco e sviluppato del mondo. Nessuno di questi bambini salvati è analfabeta quando compie i 7 anni e decine di migliaia sono ormai laureati universitari o tecnici qualificati.
Solo nell’anno 1998, anno in cui si concluse la nefasta tappa che precedette la Rivoluzione Bolivariana, morirono nel Venezuela 7951 bambini minori di un anno che si sarebbero potuto salvare. Questa cifra si eleva a 8833, se si considerano le età comprese da zero a cinque anni. Ho ricordato in tutti i casi cifre esatte a partire da dati ufficiali pubblicati da organismi delle Nazioni Unite.
Tale numero di bambini venezuelani morti in un anno, è superiore a quello dei soldati di ambo i continenti caduti nelle battaglie di Boyaca, Carabobo, Pichincha, Junin e Ayacucho insieme, cinque delle più importanti e decisive battaglie delle guerre d’indipendenza portate avanti da Bolívar, concordando con i dati storici conosciuti, anche sebbene i vincitori, nei loro bolletini di guerra, avessero alzato le cifre delle perdite nemiche e ridotto od occultato le proprie per ragioni tattiche.
Chi uccise questi bimbi? Quale dei colpevoli fu mandato in carcere? Chi fu accusato di genocidio?
Le decine di miliardi di dollari malversati da politici corrotti costituiscono un genocidio, perché i fondi che rubano allo Stato uccidono un incalcolabile numero di bambini, adolescenti e adulti, che muoiono per malattie prevenibili e curabili.
Tale tipo di ordine politico e sociale veramente assassino con il popolo, e dove le proteste popolari sono represse a forza di proiettili e uccisioni, viene presentato all’opinione mondiale come modello di libertà e di democrazia.
La fuga di capitale è anche genocidio. Quando le risorse finanziarie di un paese del Terzo Mondo vengono portate in un paese industrializzato, le riserve si consumano, l’economia si immobilizza, la disoccupazione e la povertà crescono, la sanità e l’educazione popolare sopportano il maggior peso del colpo, e questo si traduce in dolore e morte. Non serve fare altri calcoli: è più costoso in perdite materiali ed umane che una guerra. E’ giusto? E’ democratico? E’ umano?
La faccia di questo modello di ordine sociale si può aprezzare entrando nelle grandi città del nostro emisfero piene di quartieri emarginati, dove decine di famiglie vivono in condizioni disumane. Niente di ciò avviene nella bloccata e diffamata Cuba.
Se mi si permettesse di riflettere un poco e di dire a voce alta quello che passa per la mia mente, e nessuno lo ricevesse come un’intromissione, ve lo avrei detto: ho sempre creduto che con un’amministrazione efficiente ed onesta, il Venezuela avrebbe raggiunto, negli ultimi 40 anni, uno sviluppo economico simile a quello della Svezia. Non posso giustificare la povertà e le calamità sociali che documenti e bollettini ufficiali del Venezuela, o riviste serie di organismi internazionali, esprimono. Coloro che lo governarono, da quei giorni in cui per la prima volta visitai questo Parlamento, crearono le condizioni per la nascita inevitabile dell’attuale processo rivoluzionario. Quelli che sentono nostalgia e desiderano il ritorno degli anni perduti, non ritorneranno giammai a conquistare la fiducia del popolo, se la nuova generazione dei leaders che oggi dirige il paese riesce ad unire forze, serrare le fila e fare tutto ciò che è nelle sue mani. É’ possibile farlo nel quadro nel modello costituzionale e politico recentemente elaborato e approvato? La mia risposta è sì.
L’enorme autorità politica e morale che emana da quello che la Rivoluzione Bolivariana può fare per il popolo, schiaccerebbe politicamente le forze reazionarie. La cultura ed i valori rivoluzionari e patriottici che quello farebbe nascere nel popolo venezuelano renderanno impossibile il ritorno al passato.
Ci sarebbe un’altra domanda perfettamente logica e molto più complessa: Si può sotto lo schema di un’economia di mercato, raggiungere un livello di giustizia sociale superiore a quello che esiste attualmente? Sono marxista convinto e socialista. Penso che l’economia di mercato genererà disuguaglianza, egoismo, consumismo, sperpero e caos. Un minimo di pianificazione dello sviluppo economico e delle priorità è indispensabile. Però penso che in un paese con enormi risorse come il Venezuela, la Rivoluzione Bolivariana può raggiungere, nella metà del tempo, il 75 % di quello che Cuba, paese con un blocco e con infinitamente meno risorse del Venezuela, ha potuto ottenere dal trionfo della Rivoluzione. Ciò significa che sarebbe alla portata di questo governo sradicare totalmente l’analfabetismo in pochi anni, ottenere un insegnamento di alta qualità per tutti i bambini, adolescenti e giovani, una cultura generale elevata per la maggioranza della popolazione; garantire assistenza medica ottima a tutti i cittadini, facilitare l’occupazione a tutti i giovani, eliminare la malversazione, ridurre al minimo il delitto e proporzionare case decorose a tutti i venezuelani.
Una distribuzione razionale delle ricchezze mediante sistemi fiscali adeguati, è possibile in un’economia di mercato. Ciò richiede una totale dedicazione al lavoro di tutti i militanti e di tutte le forze rivoluzionarie. Teoricamente è facile, però nella pratica costituisce un lavoro estremamente difficile. A mio giudizio, nell’immediato, il Venezuela non avrà altre alternative. D’altro lato, non meno del 70 % delle sue ricchezze fondamentali è proprietà della nazione. Non ci fu tempo sufficiente perché il neoliberalismo le consegnasse tutte al capitale straniero; non è necessario nazionalizzare niente.
Il periodo che oggi stiamo attraversando a Cuba e che stiamo superando, ci ha insegnato quante varianti sono possibili nello sviluppo dell’economia e nella soluzione dei problemi. Basta che lo Stato svolga il suo ruolo e faccia prevalere gli interessi della nazione e del popolo.
Abbiamo accumulato in abbondanza l’esperienza pratica di fare molto con molto poco ed ottenere un alto impatto politico e sociale. Non c’è ostacolo che non si possa superare, né problema senza una soluzione possibile.
Per essere obiettivi, mi manca aggiungere che, oggi, solo un uomo potrebbe dirigere un processo tanto complesso: Hugo Chávez. La sua morte, intenzionale o accidentale, distruggerebbe questa possibilità; porterebbe al caos. Ed egli, sicuramente, - l’ho conosciuto a poco a poco -, non fa niente per la propria sicurezza; è in modo assoluto riluttante al minimo delle misure adeguate in questo senso. Aiutatelo voi, lo persuadano i suoi amici e il suo popolo. Non c’è il minor dubbio sul fatto che i suoi avversari, interni ed esterni, cercheranno di eliminarlo. Ve lo dice uno che ha vissuto la singolare esperienza di essere stato oggetto di oltre seicento cospirazioni, con maggior o minor grado di sviluppo, per eliminarmi fisicamente. Un vero primato olimpico!
Li conosco troppo bene, so come pensano ed agiscono. Questo viaggio in Venezuela non è l’eccezione. So che ancora una volta hanno accarezzato l’idea di trovare qualche possibilità per portare a termine i loro frustrati desideri. Questo non ha realmente importanza. Al contrario di ciò che accade in questo momento nel processo venezuelano, a Cuba c’è stato e ci sarà sempre qualcuno, persino molti, che potranno realizzare il mio compito. Inoltre ho vissuto molti anni felici di lotta; ho visto transformarsi in realtà gran parte dei miei sogni. Non sono come Chávez, un leader giovane pieno di vita, al quale gli restano davanti grandi compiti da realizzare. E’ lui che deve stare attento.
Ho compiuto con la mia parola: vi ho parlato con franchezza, senza arzigogoli né eccessiva diplomazia, come amico, come fratello, come cubano, come venezuelano.
Vi ringrazio profondamente della vostra generosa attenzione.
¡Hasta la Victoria Siempre!